Putin gioca con Trump come un gatto col gomitolo. E con l’Occidente impreparato può spingersi oltre

Donald Trump, da candidato alla Casa Bianca e non ancora presidente, si vantava che con lui non sarebbe mai scoppiato il conflitto tra la Russia e l’Ucraina. Ma il tempo non gli ha dato ragione. L’inizio della guerra, nel febbraio 2022, ha smentito ogni previsione semplicistica, dimostrando che le dinamiche geopolitiche non si fermano davanti agli slogan. Le forze della cosiddetta sinistra italiana hanno insistito sulla via diplomatica per arrivare alla pace tra i due guerreggianti, ma con scarsi risultati. La sinistra massimalista – con Conte, Fratoianni, Bonelli e uno spezzone del Partito democratico – sotto le spoglie del pacifismo, rema di fatto a favore di Putin. Inconcepibile: la loro idea di “pace” coincide con la capitolazione dell’Ucraina. Eppure la guerra dell’Ucraina non è solo per la propria libertà. Kiev combatte anche per i valori democratici e liberali dell’Occidente. Come si fa a non capire che quella guerra è anche la nostra guerra?

Perché in Italia il putinismo ha così ampio segutio

Perderla significa retrocedere in un mondo modellato sull’ideologia reazionaria e illiberale di Alexandr Dugin – pensatore di riferimento del putinismo – e intriso di una visione profondamente antioccidentale. Un’ideologia che guarda al passato più che al futuro, in cui il pensiero di Julius Evola ha trovato nuova linfa per costruire un “neofascismo eurasiatico”. Atene piange, Sparta non ride. All’interno del governo Meloni, la Lega di Matteo Salvini – putiniano per eccellenza – continua a mandare segnali ambigui. Prova ne è la nomina di Roberto Vannacci a vice segretario del partito. Ma perché, in Italia, il putinismo ha così ampio seguito nei sondaggi? Per diversi motivi. L’idea dell’uomo forte – e Putin ne è l’archetipo perfetto – non è mai tramontata. Il MSI è stato il partito che più l’ha rappresentata, mentre il PCI ha storicamente guardato all’Est, più che all’Ovest. Come Cristoforo Colombo, che cercava l’Oriente ma finì per navigare verso l’Occidente.

Uno strumento geopolitico

Il Cremlino ha alternato l’arma del ricatto energetico, le offensive militari e i negoziati di facciata. A Istanbul, Astana, Minsk: si è tentata ogni mediazione, ma nessuna è riuscita a scalfire l’ambizione imperiale della Russia di riportare Kiev nella propria sfera d’influenza. Putin, che ha costruito un potere verticale e autoritario, non ha mai nascosto il proprio disegno: destabilizzare l’Ucraina, “denazificarla”, spezzarne la sovranità e rimettere in discussione l’ordine europeo nato dopo il 1989. Per lui la guerra non è solo una questione militare, ma uno strumento geopolitico per ridefinire i confini della potenza russa.

Putin gioca con Trump come un gatto col gomitolo

Finora, l’Occidente non è riuscito a fermarlo: troppo esitante, troppo diviso tra chi invoca la deterrenza e chi spera nella trattativa. Intanto, Putin gioca con Trump come un gatto col gomitolo, e a denti stretti l’ex presidente deve ammettere che il leader del Cremlino lo ha aggirato. Nel frattempo, l’esercito russo bombarda massicciamente Kiev e avanza nel territorio ucraino. Se Trump – e a seguire l’Unione Europea – non forniranno un sostegno militare più deciso a Zelensky, l’Ucraina sarà rasa al suolo e sostituita da una marionetta del Cremlino, un nuovo Quisling, una copia di Lukashenko in Bielorussia. Ma non si fermerà lì. Trovando l’Occidente diviso e impreparato, Putin potrebbe spingersi oltre: verso i Paesi baltici, verso la Finlandia. La storia insegna che il disinteresse per la libertà altrui è l’anticamera della perdita della propria.