Abbiamo per le mani il documento con cui il Procuratore di Bruxelles, Michel Claise, ordina l’arresto dell’eurodeputato italiano Andrea Cozzolino. È un mandato internazionale duro e affilato, recita la formula in uso a Bruxelles: “Nel nome del Re dei Belgi”. Cozzolino è politico nato dalla gavetta, da capo degli studenti del liceo scientifico di Torre del Greco al vertice della Fgci negli anni Ottanta, cresciuto con Antonio Bassolino che lo volle a capo della Federazione del Pds e poi Ds di Napoli, quindi in Consiglio Regionale della Campania, dove sarà Assessore all’Agricoltura. E infine eurodeputato, dal 2009, per il Pd. Padre di tre figli.
“Associazione per delinquere, corruzione, riciclaggio”, sono i tre termini che campeggiano sul frontespizio del mandato il cui riferimento, dossier 073/2022, rimanda all’indagine aperta da tre mesi sul conto di Pierantonio Panzeri, Francesco Giorgi, Eva Kaili. “Ordiniamo a tutte le forze di polizia di arrestare e di condurre presso la casa di detenzione di Bruxelles Andrea Cozzolino”, l’imperativo posto ad incipit dell’atto. Nelle more del quale si puntella qua e là l’architettura di un castello indiziario basato su tanti sospetti e pochissimi fatti. Rimane tutto da acclarare, ma il punto di partenza è certo: Cozzolino va arrestato e portato in Belgio.
Poi in seguito, pare di capire, si capirà il perché. “Fatta salva la presunzione di innocenza, alla cui luce vanno analizzati i fatti attribuiti alle persone coinvolte, ne sottolineiamo qualcuno che costituisce indizio della partecipazione a una eventuale organizzazione criminale”, recita il preambolo. Il passaggio che segue introduce una nuova figura: “Sembra che il signor Abderrahim Atmoun (ambasciatore del Marocco in Polonia, n.d.r.) abbia giocato un ruolo importante nel quadro della sospetta corruzione attraverso versamenti di denaro contante proveniente dal Marocco allo scopo di ottenere, attraverso supposte ingerenze, decisioni del Parlamento Europeo a favore del Marocco”. Cozzolino – varrà la pena ricordare – è stato eletto nel 2019 Presidente della delegazione per le relazioni con i paesi del Maghreb e l’Unione del Maghreb arabo (Dgma) ed è dal 2022 membro della Commissione d’inchiesta del Parlamento europeo sull’utilizzo del Pegasus, il software spia di fabbricazione israeliana.
Commissione che Renew Europe ha preteso al fine di fare luce sull’utilizzo del software che spiava gli europarlamentari. In effetti in questa storia i servizi segreti entrano. E a gamba tesa. Tutto l’impianto accusatorio firmato da Claise ruota intorno a una indagine condotta dal Vsse, l’intelligence del Belgio. I servizi belgi avrebbero “raccolto elementi rilevanti che Panzeri e Giorgi avrebbero operato clandestinamente, sotto remunerazione, al fine di favorire il Marocco”. E fin qui siamo a quanto Panzeri avrebbe ammesso, sospinto in tutta probabilità dalla minaccia di arresto per moglie e figlia. I servizi del Belgio avrebbero fornito alla Procura qualche dettaglio in più: “Cozzolino è in contatto diretto e stretto con Atmoun. Si sono incontrati il 3 giugno del 2021 quando Atmoun si sarebbe recato presso l’appartamento di Cozzolino”. Incredibile a dirsi, i servizi segreti avrebbero la prova che il presidente della delegazione per i rapporti con il Maghreb aveva in effetti rapporti con i diplomatici del Maghreb. I contatti ci sono stati, e per fortuna. E non da oggi. Ed è forse la più normale delle cose: l’organismo parlamentare si occupa delle relazioni tra Eu e paesi nordafricani. Se non c’è una condotta corruttiva, l’evidenza di una dazione di denaro, di cosa stiamo parlando?
Andiamo avanti nella disamina del documento giudiziario. Perché sull’operazione clandestina il documento vacilla. Prosegue infatti: “Nell’occasione dell’incontro del 3 giugno, Cozzolino ha chiesto di incontrare il ministro degli Esteri del Marocco”. Non proprio una attività criminale, a quanto si evincerebbe. Piuttosto, rapporti istituzionali. E ai massimi livelli. “Nel corso del mese di giugno 2022, Cozzolino si è recato in Polonia per incontrare Atmoun. Nel corso dell’incontro il succitato avrebbe non solo ricevuto una onorificenza e una cravatta, ma avrebbe anche discusso (o almeno voluto discutere) sulla linea da seguire nell’ambito dei lavori della Commissione parlamentare mista Ue-Marocco”. Da sottolineare l’ipotetisi tra parentesi: “avrebbe voluto discutere”. Non esiste alcuna prova di accordi specifici. E a parte l’omaggio di una cravatta, nessun altro scambio.
Situazione che viene rovesciata da un ulteriore punto, spostato in avanti nella cronologia che ricostruisce i fatti e rimasto appeso, come fonte dei servizi belgi, liquidata dal Procuratore con una riga asciutta: “Da elementi raccolti dal Vsse, sembra che Panzeri, Giorgi e Cozzolino avrebbero ricevuto dei fondi da Atmoun”. Bene usare il condizionale, soprattutto quando non c’è nessuna informazione specifica al riguardo.
Cozzolino nelle carte appare e scompare. La sua posizione appare comunque essere terza, sempre chiaramente distinta da quella di Panzeri e del suo assistente Giorgi, motori della correlazione con il Marocco. Ecco infatti un successivo punto del mandato d’arresto: “In una intercettazione, Panzeri e Giorgi si sono accordati per far entrare Andrea Cozzolino e Eva Kaili nella Commissione d’inchiesta sul caso Pegasus (i due sono poi stati designati) allo scopo di difendere gli interessi marocchini in seno a questa commissione”. Agli atti non risulta però alcuna posizione particolare di Cozzolino a favore del Marocco, né la sua designazione può essere vista in nessun modo come esorbitante dal suo ambito di competenza.
Nella memoria di difesa presentata dall’europarlamentare napoletano si evidenzia come tutte le sue decisioni e le prese di posizione su Marocco e Qatar sono rimaste oggettive, estranee a qualunque condizionamento. È difficile stabilire quali accenti, quali parole, quali sfumature possano rivelare aperture o simpatie. È invece certo che da parte di Cozzolino non sono state poste in votazione misure che hanno favorito in modo indebito paesi terzi. Lo si evince scorrendo lo stesso documento della Procura belga: “In una discussione nel mese di maggio 2022 Giorgi ha informato Panzeri di aver soppresso un testo sfavorevole verso il Marocco e si è lamentato della scarsa comprensione, da parte di Cozzolino, riguardo il lavoro da compiere”. Cozzolino insomma non collabora. E Giorgi lo contesta.
Nel documento giudiziario avuto dal Riformista si arriva – all’ultimo punto delle cosiddette evidenze indiziarie – al 7 dicembre 2021. Il collaboratore parlamentare Giuseppe Meroni – che ha lavorato più con deputati del Ppe piuttosto che con quelli del gruppo Socialisti & Democratici – partecipa a una riunione avente per oggetto il Qatar. Al termine invia a Panzeri due sms. “Qatar risolto”, il lapidario testo che invia subito dopo la fine della riunione. Aggiunge poi: “Il quadrunvirato Cozzolino-Moretti-Arena-Tarabella ha colpito con precisione, attenzione ed efficacia”. Qui troviamo oltre a Cozzolino anche la dem Alessandra Moretti, l’eurodeputata belga di origini italiane Maria Arena e il suo connazionale e compagno di partito Marc Tarabella.
Le lobby e i gruppi di pressione svolgono una attività – che a Bruxelles riguarda, sarà bene ricordarlo, oltre ventimila addetti – finalizzata all’adozione di provvedimenti. Il reato avviene se c’è illecito scambio di denaro. È di quest’ultimo che non si rinviene traccia nelle 23 pagine del dossier che ha portato all’arresto di Andrea Cozzolino. Un atto con cui si chiede alla giustizia italiana la perentoria “consegna” dell’imputato alle autorità belghe, senza andare per le lunghe. Perché arrestarlo così, in fretta e furia e prima di strutturare un processo vero? Nell’atto si punta l’indice contro il pericolo di reiterazione del reato.
“Lo stato d’animo dell’accusato (…) messo in relazione con il carattere complesso, organizzato e ripetitivo della condotta delittuosa cui sembra aver partecipato con piena cognizione di causa, fa temere che egli, se lasciato libero, possa commettere nuovamente reati analoghi o più gravi ed ostacoli lo svolgimento delle indagini o si possa sottrarre all’azione della giustizia tentando di occultare delle prove”. Sapendo che tutti gli eurodeputati finiti nell’inchiesta si sono autosospesi dagli incarichi, che si sono messi a disposizione delle autorità, che le intese internazionali sottoscritte sono state congelate dalla presidente dell’Europarlamento, Roberta Metsola, risulta difficile immaginare come Cozzolino avrebbe mai potuto reiterare i reati, o commetterne di più gravi.

