Corre l’anno 1999. È l’anno del governo D’Alema e dei Democratici di Sinistra, coalizione L’Ulivo. Alla Giustizia c’è Diliberto, il Ministro “comunista e garantista”. Alle Camere si discute sulla proposta di legge costituzionale per l’inserimento dei princìpi del giusto processo nell’articolo 111 della Costituzione. Lo si fa a 10 anni dall’uscita dal processo inquisitorio, ed è in questa occasione che si tirano le somme: il “nuovo” processo accusatorio porta ancora gli strascichi del vecchio rito. E allora “se veramente si vuole un sistema accusatorio, occorre ridare al dibattimento la sua funzione”, afferma Antonio Borrometi, PPI, che saluta con favore una riforma “che trasferisce nella nostra Costituzione i princìpi della convenzione europea sui diritti dell’uomo, sottoscritta anche dal nostro paese”. D’altronde, la Costituzione italiana fa capolino solo nel ’48, quando vige già il Codice Rocco con il suo sistema inquisitorio.

Occorre perciò cristallizzare ed elevare al rango più alto tutti quei princìpi cardine del nuovo processo penale: parità delle parti, terzietà ed imparzialità del giudice, contraddittorio anche nella formazione della prova, ragionevole durata del processo. Sono esigenze comuni, tanto che la proposta viene da tutte le parti politiche. Per Donato Bruno, FI, “è qualcosa che l’Italia attendeva da cinquant’anni”. Si tratta di “una grande vittoria del diritto, dei cittadini, dell’avvocatura, ma anche della stessa magistratura, perché la maggior parte degli operatori attende questo provvedimento, in quanto sente il bisogno di avere regole certe e princìpi cui ispirarsi senza possibilità di errore”. L’articolo 24 non basta più, perché “parità delle parti non significa solo stare sullo stesso piano dal punto di vista fisico o geografico”: per Michele Saponara, FI, occorre lavorare sull’effettività di tale principio, “inserendo nella Costituzione, in modo chiaro, preciso ed esplicito, senza che possano esservi equivoci, il principio del contraddittorio”.

Per Giuliano Pisapia, PRC, “che un intervento di livello costituzionale sia necessario lo confermano le ormai numerose sentenze della Corte europea per i diritti dell’uomo che hanno ripetutamente condannato il nostro paese non solo in relazione all’eccessiva durata dei processi e della custodia cautelare, ma anche, e proprio recentemente, per violazione del principio del contraddittorio”. C’è poi il tema dell’imparzialità, per cui, lo dice Saponara, “il cittadino ha il diritto di difendersi nel modo più ampio possibile e, quindi, di trovarsi davanti a un giudice imparziale”. Imparzialità che deve essere sia soggettiva (questa “si presume fino a che non vi sia la prova del contrario”) che oggettiva: “Non solo deve essere imparziale, ma deve anche apparire tale”.

Per Antonio Soda, DS, ex magistrato, terzietà ed imparzialità del giudice in Costituzione non sono mere proclamazioni: “Sia che la terzietà voglia dire necessità di separazione delle carriere, sia che essa significhi maggiore differenziazione delle funzioni giudicanti rispetto a quelle di accusa, è certo che averla elevata a principio costituzionale vuol dire che nell’ordinamento e nelle prassi giudiziarie tale valore deve essere un faro, una luce che investa la legislazione e la prassi. L’imparzialità, invece, attiene al momento del giudizio, della formazione del libero convincimento del giudice, che non deve essere condizionato da interessi e pregiudizi e, quindi, da ideologie, visioni del mondo, concezioni religiose o interessi, nobili o meno nobili che siano”. “Ove il giudice corre il rischio di non essere terzo ed imparziale, vige il rischio che non si realizzi il giusto processo”, insiste Luigi Peruzzotti, LFPIN.

Ed a chi a suo tempo obiettò che l’art. 111 avrebbe introdotto delle ovvietà nella Costituzione, replica Giuseppe Valentino, AN, che “se si è avvertita l’esigenza di fissare nella Carta Costituzionale princìpi che sono scontati, vuol dire che questi princìpi non erano stati osservati, vuol dire che questi princìpi erano stati dimenticati”. Non una voce contraria. Tutti questi princìpi, nel 1999, non hanno bandiere. D’altronde, ricorda Antonio Borrometi, PPI, “il muro contro muro sui temi della giustizia non serve, se non per ragioni di propaganda elettorale”. D’altronde, il giusto processo è patrimonio che non appartiene ad una sola parte politica.

La scheda

Legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2

“Inserimento dei principi del giusto processo nell’articolo 111 della Costituzione”

pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 23 dicembre 1999

Art. 1.

  1. Al primo comma dell’articolo 111 della Costituzione, sono premessi i seguenti:
    “La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.
    Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.
    Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l’interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa e l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo.
    Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore.
    La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell’imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita”.

Art. 2.

  1. La legge regola l’applicazione dei principi contenuti nella presente legge costituzionale ai procedimenti penali in corso alla data della sua entrata in vigore.

Marianna Caiazza

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