Da molti bollati come “populisti di sinistra” in risposta a quello del duo Salvini-Meloni, le Sardine con una mossa a sorpresa si schierano apertamente per il No al referendum costituzionale per il taglio dei parlamentari, il cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle poi ‘sposato’ da (quasi) tutto il Parlamento.
In un lungo post pubblicato sui social, il gruppo nato in Emilia Romagna come risposta al segretario della Lega Matteo Salvini ha spiegato dettagliatamente le motivazioni che hanno spinto il movimento a scegliere il fronte del No.
Tra i quattro motivi spicca quello del problema di rappresentanza, ovvero di “favorire l’identificazione tra elettori ed eletti”, di essere “portavoce dei cittadini nelle istituzioni”. Per Santori e soci “con il taglio dei parlamentari verrebbe fortemente indebolito questo principio e con lui la centralità del Parlamento, e dunque del popolo, nel sistema costituzionale e democratico”.
Poi viene smontata la ‘favola’ del risparmio per le casse dello Stato. “La democrazia e la libertà non si svendono in cambio di un piatto di lenticchie”, si legge nel post, dove si ricorda che “questa riforma reazionaria porterà un risparmio in termini di impatto sulla spesa pubblica di 1,35€ per ogni cittadino. Inoltre nessuno dice che il costo dei parlamentari non è al primo posto nel costo pubblico parlamentare”.
No secco anche all’idea di snellire l’iter legislativo attraverso il taglio dei parlamentari, che non sarebbe indice di efficienza da parte della classe politica. “Le discussioni parlamentari sono un valore e la velocità esecutiva non è efficienza se sacrifica la rappresentanza democratica. La democrazia e la rappresentanza non possono essere né svendute né sottomesse alle leggi del mercato e alla logica dell’efficienza”, scrivono le Sardine.
Infine il passaggio su legge elettorale e riforma costituzionale, legate entrambe al referendum. Santori e il gruppo dirigente infatti non reputano garanzia di rappresentatività una futura legge elettorale come correttivo alla riforma del taglio dei parlamentari, in quanto le legge elettorali possono essere cambiate ‘facilmente’, ben diverso è invece l’iter di modifica di una legge costituzionale. “Chi ci dice che con un proporzionale puro con sbarramento al 5% tutto si sistemerà, mente. Mente perché la legge elettorale è una norma ordinaria e non sarà inserita nel testo referendario: le leggi elettorali in italia passano più o meno come i governi se pensiamo che dagli anni ‘90 abbiamo visto susseguirsi ben tre leggi elettorali. La Costituzione resta”, scrivono le Sardine.
