Regionali Puglia, quando Vendola chiamò Bonelli ‘avvoltoio’. Se essere nella stessa lista annulla ogni differenza

Taranto, maggio 2012: vigilia avvelenata alle elezioni amministrative, che consegneranno la città al centrosinistra, il clima politico in città è tutt’altro che sereno. A infiammare la campagna elettorale ci pensa il governatore della Puglia, Nichi Vendola, leader di Sinistra Ecologia e Libertà, giunto a sostegno della coalizione progressista. Dal palco tarantino, il presidente regionale attacca frontalmente Angelo Bonelli, volto storico dei Verdi e candidato sindaco per la lista ambientalista: “Un forestiero che non conosce né ama Taranto, un piccolo avvoltoio che cinicamente è venuto qui per costruire la sua fortuna elettorale”.

La polemica tra Vendola e Bonelli

Parole durissime, che riaccendono una polemica tra i due, nata tre anni prima. Lo scontro risale al 2009, quando una parte dei Verdi decise di confluire in Sel, il movimento fondato e guidato da Vendola. La frattura politica si trasformò presto in battaglia frontale. L’anno successivo Bonelli presentò un atto di denuncia, destinato a fare storia: quello che diede il via all’inchiesta «Ambiente Svenduto», il procedimento giudiziario che mise sotto accusa la gestione dell’ex Ilva di Taranto per il grave inquinamento ambientale e i danni alla salute della popolazione. Dall’inchiesta nacque un processo lungo e complesso, che travolse politica, impresa e istituzioni. Vendola stesso fu coinvolto: in primo grado condannato a tre anni e mezzo di reclusione per concorso in concussione, il governatore pugliese vide poi la sentenza annullata dalla Corte d’Appello di Taranto. Il processo, successivamente trasferito a Potenza, si è trasformato in uno dei casi giudiziari più simbolici della storia recente italiana, intrecciando diritti dei lavoratori, salute pubblica e strategie industriali.

Il danno delle elezioni

Ma le ferite personali tra i due avversari hanno radici ancora più profonde. Sentito come testimone al processo, Bonelli ricordò: “Il presidente della Regione Puglia pose il problema politico a Pier Luigi Bersani sul mio comportamento. Ci fu una conseguenza grave, sul piano del danno, che noi Verdi ricevemmo: perché alle elezioni politiche, che da lì a poco tempo si sarebbero svolte, fummo estromessi di fatto dall’alleanza e quindi non entrammo in Parlamento”. Vendola, da parte sua, non ha mai negato di aver sollevato la questione con il segretario del Pd: “Qualunque partito del centrosinistra può testimoniare l’animosità, la violenza e la volgarità dell’esponente dei Verdi, che semina odio e menzogne. Vuole portare Taranto sull’orlo della guerra civile”.

Le accuse di opportunismo e settarismo

Lo scontro personale, condito da accuse reciproche di opportunismo e settarismo, si sovrappose al dramma ambientale e sociale della città dei due mari. Taranto, schiacciata dal peso dell’acciaieria, divenne il teatro di una battaglia politica senza esclusione di colpi, in cui la difesa dell’ambiente, la tutela del lavoro e la rappresentanza politica si mescolavano in un intreccio difficile da sciogliere. Eppure, col passare degli anni, le parole sembrano aver incredibilmente perso il loro significato e lo scontro politico si annulla.

Oggi

Oggi Bonelli – che fu definito da Vendola un “avvoltoio” – dichiara: “Vendola è un patrimonio politico e culturale per la Puglia e per il Paese, non un nome che possa essere liquidato con un veto personale”. Per la serie: quando essere nella stessa lista elettorale, annulla ogni differenza. Altro che centralismo democratico.