Verso le elezioni
Regionali Veneto, lista unica per Manildo. La svolta dopo la Leopolda e la lezione del flop Pd-M5S
Il centro converge su una sola formazione riformista per non disperdere voti cruciali
La decisione è presa: ci sarà una lista unica del presidente a sostegno di Giovanni Manildo, il candidato del centrosinistra alle regionali venete del 23 e 24 novembre. Dopo settimane di incertezze e prospettive di presentare almeno due diverse liste, facenti riferimento ad Italia Viva e ad Azione, il mondo riformista veneto ha trovato la quadra sulla necessità di convergere in un’unica formazione elettorale.
Regionali Veneto, lista unica per Manildo, la svolta dopo la Leopolda
La svolta è arrivata dopo la Leopolda di ottobre, dove Matteo Renzi ha lanciato il progetto della “Casa riformista”, nuovo contenitore dei riformisti con l’obiettivo ambizioso di raggiungere il 10% a livello nazionale. Un disegno che in Veneto assume contorni particolarmente strategici, vista l’opportunità storica rappresentata dalla fine dell’era Zaia dopo quindici anni di dominio incontrastato. La decisione di convergere su un’unica lista risponde a una duplice necessità. Da un lato, evitare la frammentazione di un elettorato riformista che sarà fondamentale per le percentuali che Manildo riuscirà a raggiungere nella sua corsa contro un centrodestra che, pur diviso sulla scelta del candidato, parte comunque favorito. Dall’altro, capitalizzare l’unico dato positivo emerso dalle recenti elezioni in Calabria, dove il campo largo è uscito pesantemente sconfitto con Occhiuto che ha trionfato con il 57% dei voti.
Casa riformista
In Calabria, infatti, la lista “Casa riformista” che raccoglieva candidati di Italia Viva, +Europa e altri partiti centristi e progressisti, è arrivata poco sotto la soglia del 5%. Un risultato non eccezionale se rapportato alla somma algebrica delle sue componenti, ma che acquista maggior valore potenziale in un contesto come quello veneto. Qui, infatti, Zaia mantiene un gradimento ancora stimato al 60% tra i gli elettori, ma il suo mancato terzo mandato lascia sul campo una fetta di elettorato non propriamente di centrodestra che alcuni osservatori arrivano a stimare in un 10%. Si tratta di quell’elettorato più liberal e politicamente “laico” che potrebbe essere intercettato sia da Forza Italia che, sul fronte opposto, da una componente riformista che fino ad ora mancava nel panorama dell’opposizione. La scelta di dar vita alla “Casa Riformista del Veneto per Manildo Presidente” era già stata deliberata dall’assemblea regionale di Italia Viva a fine settembre, quando la senatrice Daniela Sbrollini e il coordinatore regionale Davide Bendinelli avevano lanciato il progetto. Ma l’altro pezzo di “galassia riformista”, quello facente capo ad Azione, aveva a lungo valutato l’dea di mantenere una sua autonomia, presentando una lista a parte. Ma ora che tutti hanno deciso di convergere in un unico soggetto, la vera sfida consiste nell’equilibrio delle candidature all’interno della lista. Praticamente ogni sera si stanno tenendo direttivi dei principali partiti coinvolti, con relativi tentativi di ricerca della quadra, il giorno dopo.
Numeri in Veneto
Se i socialisti difficilmente potrebbero rivendicare posti con possibilità di elezione in consiglio regionale, data la loro debolezza elettorale, non è così per Italia Viva e Azione, che si trovano obtorto collo in una coabitazione scomoda dopo i veleni della rottura nazionale tra Renzi e Calenda. C’è poi da considerare +Europa, che malgrado numeri inferiori rispetto ai due partiti maggiori, vanta in Veneto una larga rete di attivismo radicata nel territorio, che in qualche modo andrà riconosciuta nelle candidature. C’è poi da incardinare il tutto attorno ai punti di forza del centrosinistra nella regione, come Padova, Vicenza e Verona. Certo i numeri del passato pesano nelle trattative. Alle regionali del 2020, quando Luca Zaia trionfò con il 76,8% dei voti, il centrosinistra fu letteralmente polverizzato: il candidato Arturo Lorenzoni si fermò al 15,7%, con il PD al 11,9% dei voti. Alle più recenti europee, il quadro in Veneto ha visto Fratelli d’Italia trionfare con il 37,6%, ma ha anche evidenziato la debolezza del centro diviso: la lista “Stati Uniti d’Europa” formata da +Europa e Italia Viva si è fermata al 3,8% a livello nazionale, mentre Azione di Carlo Calenda al 3,4%, entrambe sotto la soglia di sbarramento del 4%.
Regionali Veneto, equilibri delicatissimi
La partita veneta si gioca quindi su equilibri delicatissimi. Manildo sta lavorando a quella che definisce “la coalizione più ampia mai vista” in Veneto, che dovrebbe presentarsi con ben sette liste: oltre al PD, M5S, Alleanza Verdi e Sinistra, Volt e le liste civiche, ci sarebbero appunto il soggetto riformista, una sorta di “coalizione nella coalizione”. Di sicuro c’è elettorato moderato e riformista che mal digerisce l’alleanza con le forze più a sinistra. Provare a offrirgli un’alternativa pur restando nel “campo larghissimo” è una mossa tattica obbligata. Il centrodestra, intanto, non ha ancora sciolto il nodo del candidato, con la Lega che rivendica la successione a Zaia e Fratelli d’Italia che punta a capitalizzare il suo primato elettorale. Una divisione che potrebbe favorire Manildo, magari non verso una vittoria, ma verso un risultato che tra l’altro riporterebbe l’ago della bilancia del centrosinistra verso l’asse moderato.
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