Regno Unito, Farage divora consensi: l’ultimo sondaggio gli consegna le chiavi di Downing street. Così passerebbe da 5 a 445 seggi

British European Parliament member Nigel Farage leaves the hemicycle after addressing European lawmakers during the plenary session at the European Parliament in Brussels, Wednesday, Jan. 29, 2020. The U.K. is due to leave the EU on Friday, Jan. 31, 2020, the first nation in the bloc to do so. (AP Photo/Francisco Seco)

C’è una regola ferrea in politica: vinci se erodi i voti degli avversari. E una aurea nel marketing: perdi se imiti il prodotto altrui. Tenendo a mente questi due princìpi, si osservi l’ultimo sondaggio per cui, se il Regno Unito andasse a votare oggi, il Reform Uk di Nigel Farage si porterebbe a casa il 36% dei voti. Contro il 21% del Labour e il 15% dei Tory. Il risultato fa ancora più impressione in numeri assoluti. A Farage andrebbero 445 seggi ai Comuni. Oggi ne ha 5. I laburisti passerebbero da 441 seggi a 73. Mentre sarebbero solo 7 i conservatori a entrare a Westminster. Oggi sono 114. In termini geografici, il Reform succhia voti nei seggi tory nel sud dell’Inghilterra e in Scozia. Come anche dai laburisti nel nord Inghilterra e nel Galles.

Stando così le cose, sarebbe l’incoronazione di Farage che, dalla Brexit in poi, ha iniziato a divorare il consenso di elettori laburisti e conservatori, stanchi di soluzioni inefficaci contro i grandi mali che, a dire della piazza, affliggono la vecchia Inghilterra. Immigrazione, tasse, economia fiacca, eccesso di regole, l’asfissiante modello europeo-continentale. Il Leitmotiv è noto. Nei sondaggi di oggi, a Farage viene confermato quanto gli è stato riconosciuto al congresso del partito, a Birmingham a settembre. Una convention all’insegna del “N.10”. Questa era il claim dell’evento. Come la maglia dei fuoriclasse nel calcio.

Come il numero civico di una certa via a Londra dove Farage mira a trasferirsi. D’altra parte, il Regno Unito andrà al voto solo nel 2029. Per quella data, il Reform ha l’ambizione di trasformarsi dal partito dei pub, qual è stato finora, a soggetto politico capace di governare. Spin doctor e think tank sono mobilitati per farlo uscire dal sensazionalismo e dal culto del capo in cui rischia di cadere. Il progetto è importante. Ma, finché conservatori e laburisti non saranno in grado di fornire una loro alternativa votabile, il populismo inglese ha il futuro spianato per arrivare a Downing Street. Tanto più che le previsioni sono coerenti con il trend europeo. Vanno forte anche la destra radicale in Francia e quella in Germania. Il Rassemblement national viene dato al 34-36%, l’AfD al 26,7%.

Oltremanica, l’errore del governo Starmer è quello di non saper decidere se proporre formule in fotocopia al Reform, oppure essere più labour dei labour, per rubare consenso a Jeremy Corbyn e Zarah Sultana che lo pressano sul fianco sinistro. Anche i tory stanno facendo questo esercizio di copiatura. Ma loro negano. «Sono numeri da prendere con le pinze», ci spiega un loro rappresentante a Londra, galvanizzato dall’International conservative party conference, che si è tenuta a Manchester la prima settimana di ottobre. Lunedì scorso, inoltre, erano i cent’anni della nascita di Margareth Thatcher. Non si commemora l’ultimo bastione dei tory – parola del Guardian – con un sondaggio tanto drammatico. «Con quattro anni prima del voto, questo è uno scenario irrealistico». Tuttavia, la numero uno del partito, Kemi Badenoch, ha presentato un’agenda di politica-economica che ha tutto il sapore del thatcherismo, della Terza via di Tony Blair e del populismo di Farage messi insieme.

Badenoch è mercantilista, ma rigorosa nel proteggere i confini britannici. Al ceto medio propone misure radicali su immigrazione, guerra culturale e politiche green. Tagli alla spesa pubblica, ridistribuzione dei conseguenti risparmi alla crescita economica e abolizione della “stamp duty”, la tassa sulla prima casa, per incentivare la crescita dei piccoli proprietari. Un’idea che però potrebbe aumentare il carico fiscale per proprietari di immobili di lusso e investitori buy-to-let. Con il rischio inoltre che si crei una bolla speculativa. I venditori alzano i prezzi, ne fanno le spese gli acquirenti, tutta Londra ne risente. Mancano quattro anni, sì. Sondaggi alla mano, torna in mente il messaggio di un altro grande conservatore: “Keep calm and carry on!” diceva Churchill durante la battaglia d’Inghilterra.