Esteri
Starmer imita Reform UK sull’immigrazione, niente più cittadinanza dopo 5 anni. Ma il nuovo volto del Labour è un boomerang
Il primo ministro inglese vuole uno Stato britannico più grande ed efficiente, ma la stretta sui migranti è una contraddizione Sir Keir si fa un autogol: i laburisti sono in forte imbarazzo e i liberali lo criticano per i toni incendiari. Un assist per Farage

Margaret Thatcher pronunciò una frase che ha scolpito nella storia: “The lady’s not for turning”. Ovvero: “La signora non si volta”. Oggi il Regno Unito si ritrova con un primo ministro che ha fatto della marcia indietro un’abitudine. L’unica costante di Sir Keir Starmer, un tempo lodato per la sua leadership stabile, sembra ormai essere l’incoerenza. Non sono un caso i risultati deludenti delle elezioni locali di due settimane fa. In quell’occasione, sia il partito laburista che i conservatori hanno incassato pesanti sconfitte, mentre Reform UK (guidato da Nigel Farage, tornato alla ribalta) si è imposto con grande slancio. Farage è riuscito non solo a ridimensionare i Tory nelle loro roccaforti rurali, ma ha anche ottenuto un successo significativo nei bastioni laburisti del Nord post-industriale.
Niente più cittadinanza dopo 5 anni
Chiaramente, Starmer ha avvertito la necessità di “riprendere il controllo” – prendendo in prestito uno slogan dalla campagna per la Brexit. Lunedì, iniziando il suo discorso proprio con quella frase, ha annunciato una profonda revisione del sistema di immigrazione del Regno Unito, e sono subito tornate alla mente la direzione politica e la retorica incendiaria di Farage. Secondo le modifiche proposte, i migranti dovranno vivere nel Regno Unito per 10 anni prima di poter accedere al diritto di residenza permanente, a meno che non dimostrino “un contributo reale e duraturo all’economia e alla società”. Ciò segna la fine dell’attuale sistema, in cui la cittadinanza viene solitamente concessa dopo 5 anni.
Le modifiche
Le riforme comportano restrizioni sostanziali all’immigrazione legale. I datori di lavoro dovranno affrontare ostacoli maggiori per assumere lavoratori stranieri con competenze inferiori, e sarà completamente eliminato il visto per gli operatori del settore dell’assistenza sociale – una delle principali fonti di immigrazione negli ultimi anni, data la carenza di risorse in quel settore critico per una società che invecchia. Anche i datori di lavoro dell’impiegatizio incontreranno maggiori ostacoli nell’assumere stranieri. A essere colpiti saranno pure gli studenti internazionali: il periodo di visto post-laurea verrà ridotto da due anni a 18 mesi, e le università subiranno una tassa del 6% sui proventi delle rette pagate dagli studenti stranieri. In un cambiamento che colpirà i giovani europei desiderosi di imparare l’inglese, chi richiederà un visto di lavoro per il Regno Unito dovrà superare un test di lingua inglese prima di essere idoneo. Una nuova analisi del Ministero degli Interni stima che le modifiche comporteranno circa 100mila persone in meno che andranno in UK, e il saldo migratorio netto potrebbe scendere a 300mila entro il 2029.
Le tre sfide che si presenteranno
Tre sfide si presentano. Primo: i tagli alla migrazione sono un lusso che l’economia britannica può difficilmente permettersi. Starmer guida un Paese in cui l’età media è di 40 anni, l’aspettativa di vita è di circa 80 anni e la maggior parte delle persone si aspetta almeno un decennio di pensione statale. Ridurre la libertà di movimento del lavoro comporta costi economici. Non è chiaro come l’economia britannica, già con prospettive fiscali ai limiti della sostenibilità, possa farvi fronte. Persino Giorgia Meloni ne ha preso atto, aumentando il numero di visti di lavoro in Italia invece di ridurli. Comprimere la disponibilità di lavoratori qualificati è in contraddizione con le ambizioni di Starmer di costruire uno Stato britannico più grande ed efficiente.
Secondo: come dimostrato in tutta Europa, imitare le politiche dell’estrema destra raramente si rivela un modo efficace per fermarne l’avanzata. Se le persone vogliono votare per partiti anti-immigrazione, perché dovrebbero scegliere i laburisti quando possono votare direttamente per Reform UK? L’approccio di Starmer non ha soddisfatto nessuno. I critici di destra affermano che non è abbastanza, mentre la sua base storica guarda con sgomento e imbarazzo a ciò che il partito laburista è diventato. I liberali, nel frattempo, trovano il tono troppo incendiario. Era davvero necessario far riecheggiare il famigerato discorso “Rivers of Blood” di Enoch Powell e affermare che il Regno Unito è diventato “un’isola di stranieri”?
Infine, la crisi d’identità del partito laburista si sta facendo sempre più forte. Le politiche di Starmer hanno scatenato un crescente malcontento all’interno del partito, con deputati che mettono apertamente in discussione la direzione intrapresa. L’irritazione potrebbe raggiungere il picco nel prossimo mese, quando Starmer sarà chiamato ad affrontare la prova più complicata del suo mandato per i tagli previsti ai sussidi per la disabilità, che potrebbero colpire oltre 3 milioni di persone.
Starmer può resistere, ma cresce Reform UK
Il Financial Times ha riportato la posizione di Rachael Maskell, deputata ed ex ministro ombra: “Le persone con cui parlo provano un profondo sconforto nel vedere susseguirsi politiche che non rispecchiano i valori del Labour”. Con oltre 5 anni (potenzialmente) ancora da affrontare prima delle prossime elezioni generali, Starmer detiene comunque una grande maggioranza alla Camera dei Comuni. Può resistere a dissensi interni e a defezioni isolate. Ma la vera domanda è se il partito laburista – sotto la sua guida e con una base così disillusa – riuscirà a fermare l’ascesa inarrestabile di Reform UK. La vittoria dell’estrema destra è una possibilità sempre più concreta.
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