Il principe
Reza Pahlavi, la speranza per liberare gli iraniani. Può guidare la transizione
Nel momento più drammatico della storia iraniana recente, la figura del Principe Reza Pahlavi emerge con sempre maggiore forza come punto di riferimento per una transizione ordinata, democratica e nazionale dopo la caduta ormai imminente della Repubblica islamica. Non si tratta di nostalgia monarchica o restaurazione: è il riconoscimento pragmatico e crescente che solo una figura sopra le fazioni, legittimata dalla storia e dal consenso popolare, può garantire un passaggio non violento verso un nuovo ordine.
Nel suo ultimo videomessaggio, Pahlavi non usa mezzi termini: Khamenei è finito, il regime crolla e il momento è arrivato. Ma ciò che rende quest’appello diverso è la lucidità strategica. Parla al popolo e alle forze armate, invitandole a non sacrificarsi per un sistema marcio, ma a unirsi alla nazione per “riconquistare l’Iran”. Offre loro non solo un ruolo nella transizione, ma anche un futuro dignitoso e condiviso.
E a differenza di altri leader simbolici, Reza Pahlavi ha un piano concreto. Non si limita a evocare la fine del regime, ma propone soluzioni operative per il “giorno dopo”. Il Progetto Fenice – sviluppato con esperti iraniani della diaspora – è una roadmap per i primi 100 giorni dopo la caduta: garantire ordine pubblico, mantenere attivi i servizi essenziali, bloccare infiltrazioni straniere, aprire lo spazio mediatico e convocare un governo di unità nazionale. È un piano realista, istituzionale, già pronto all’uso.
Ma lo sguardo di Pahlavi va oltre l’immediato. Con il Progetto Iranessance – un “Rinascimento iraniano” elaborato da esperti in diritto, economia, sanità e ambiente – delinea una visione a lungo termine: uno Stato laico, con separazione dei poteri, elezioni libere, economia di mercato, rispetto delle minoranze e piena parità di genere. Una società moderna, pluralista, ricostruita su basi liberali, ispirata ai modelli di successo di Asia ed Europa.
Già nel 2023 avevamo sottolineato perché Reza Pahlavi rappresenti l’unica vera alternativa post-regime: non ha le mani sporche di sangue, non cerca potere assoluto, non appartiene a fazioni religiose. Ha costruito negli anni una rete credibile nella diaspora, ascolta il Paese reale e parla al mondo democratico.
Il suo ruolo oggi non è quello di un sovrano in attesa, ma di un garante attivo. Il volto di una transizione responsabile. In un Iran stremato da 46 anni di guerra del regime contro il proprio popolo, la sua voce è quella della razionalità in mezzo al caos. L’alternativa c’è. Il popolo iraniano non è solo. E Reza Pahlavi è pronto a guidarlo fuori dalla notte.
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