Il verso della canzone “Milano” di Lucio Dalla fu scritta per un amico che non c’è più. Così come non c’è più la Milano raccontata dal cantautore e vissuta da quell’amico, oggi sepolto in un piccolo cimitero bianco affacciato sul Mediterraneo. Si sono spese molte parole e paginate di giornali sulla pletora – ben 74 indagati – che la Procura di Milano ha incriminato: dal primo cittadino Beppe Sala all’assessore Giancarlo Tancredi (per il quale è stata avanzata una richiesta di arresti domiciliari).

Milano è l’unica città in cui si possa praticare il design e, al tempo stesso, celebrarne i grandi maestri. Tutti i grandi avvenimenti del Novecento che hanno sconvolto l’Italia sono partiti da qui: dalla repressione operaia di Bava Beccaris all’avvento del fascismo; dalla Banca Commerciale Italiana – la “Comit” – del “banchiere umanista” Raffaele Mattioli (ricordato per il suo antifascismo e per aver custodito gli scritti carcerari di Antonio Gramsci, sui quali si sono formati politici e intellettuali), alla Liberazione, con il CLN e i sindaci riformisti del dopoguerra. Poi vennero Mediobanca di Enrico Cuccia, il terrorismo politico, i “meravigliosi anni Ottanta” e, infine, la Procura con il pool di Mani pulite: stagione di rottura, ma anche di crisi irrisolte, spesso risolte in peggio. E poi, a Milano fu sconfitto il monopolio pubblico della comunicazione televisiva, con la nascita delle tre reti di Silvio Berlusconi, da cui partì la sua scalata politica.

L’Expo fu un terremoto positivo. Scosse coscienze e attrasse capitali, portando Milano sul piano internazionale. Come una calamita attirò investimenti e, con la Brexit, divenne capitale della finanza continentale, delle infrastrutture digitali e della tecnologia. Le monarchie del Golfo investirono nell’immobiliare, gettando le basi di una nuova urbanistica. Dove un tempo dominava il profitto industriale, oggi regna la rendita urbana. L’ingegnere, guida della fabbrica, ha lasciato il passo all’architetto progettista di grattacieli. Milano, svuotata della borghesia che condivideva il marciapiede con gli operai, ha perso la sua anima sociale e i suoi centri culturali, nati per iniziativa della politica e dell’intellighenzia riformista. Al posto delle case popolari sono sorti mostri in acciaio e vetro, come la Torre Allianz, che ha superato in altezza la Madonnina.

L’attacco a Sala

L’amministrazione Sala, il cui retroterra cittadino era un socialismo riformista temperato dal consenso, ha virato verso un riformismo tecnocratico calato dall’alto. Si è intestardita su un ambientalismo da salotto, trascurando le periferie-casbah. Ha ignorato le infiltrazioni malavitose, gli scontri tra bande, i canoni insostenibili degli affitti. Nessuna tutela per studenti fuorisede. I grandi giornali milanesi, per anni silenti, oggi attaccano a testa bassa Sala. Ma il rischio è di buttare via tutto: il bambino e l’acqua sporca. Il buono fatto e il cattivo incuneatosi nella gestione pubblica, dove le lobby – vere corporazioni di “arti e mestieri”, cioè gli ordini professionali – hanno dominato la scena. Come accadde ai tempi di Mani pulite, torna lo spettro del “combinato disposto” tra il partito dei PM e certi mezzi d’informazione. Ma il parallelo tra l’indagine su Palazzo Marino e Tangentopoli è fuorviante. Nel frattempo, occorre capire se esiste davvero un sistema di malaffare, finora solo indiziato. Milano, uscita dalla bolla dell’edilizia privata, dovrà essere ripensata e corretta.