Il PSE si riunisce a Roma. I delegati hanno iniziato il loro soggiorno romano con una visita sul Lungotevere, nel luogo del sequestro Matteotti. Quando venne ucciso era tornato da Londra e in contatto con i francesi per i famigerati documenti sulla corruzione di Mussolini che gli sarebbero costati la vita. Può ben essere indicato come il primo martire dei socialisti europei. La loro, d’altronde, è una grande famiglia che rappresenta tutte le sfumature di rosso: da quello governativo di Martin Scholz a quello più radicale di Elly Schlein. Dalla solennità delle istituzioni del primo ministro portoghese Antonio Costa ai toni incalzanti della spagnola Iratxe García Pérez, passando per il premier rumeno Ion-Marcel Ciolacu.
E senza dimenticare un’altra delle donne protagoniste della nuova Europa, la presidente del consiglio della Danimarca, Mette Frediksen. I socialisti europei sono per metà fieramente al governo e per metà decisamente all’opposizione, con le maggioranze italiana, austriaca, bulgara, polacca, olandese, svedese, finlandese e ungherese saldamente a destra. Colpisce, ascoltando gli accenti dei delegati che qui vediamo sfilare – nell’atmosfera ovattata della Nuvola di Fuksas, Roma Eur – la rarefazione dei francesi. Se il PS che fu di Jospin, Rocard e Mitterand oggi è stato polverizzato in patria da Emmanuel Macron – che ha trasfuso nel suo Renaissance buona parte del consenso socialista – alla rosa nel pugno d’Oltralpe non rimangono che le briciole. Alle elezioni presidenziali in Francia del 2022 candida la sindaca di Parigi Anne Hidalgo, che rappresentava i socialisti, al primo turno ottenne solo l’1,75% dei voti. Non va meglio in altre regioni d’Europa. Né in Italia, dove i partiti membri sono due: il Pd che era entrato faticosamente nel contesto riformista con Occhetto, D’Alema e Fassino – ai tempi del Pds, poi Ds – e il Psi. Guidato dal giovane avvocato salernitano Enzo Maraio, l’erede della tradizione gigantesca di Pietro Nenni, Sandro Pertini e Bettino Craxi è oggi un bonsai.
Nobile pianta in un vaso piccolo, malgrado l’impegno dei suoi attuali dirigenti. Il Psdi di Mario Calì – altro membro storico di diritto del PSE – non prende parte ai lavori di questa sessione: starebbe maturando l’idea di aderire ad altra famiglia europea. E rimane Elly Schlein. Di socialista ha una parte della famiglia e un nonno che da solo varrebbe una serie Netflix: Agostino Viviani, avvocato e giurista, antifascista combattente di matrice azionista e autorevole membro del Cln, fu eletto nel 1972 Senatore del PSI e contribuì a riformare il codice penale, il diritto di famiglia e a riscrivere in chiave riformista le leggi che portarono al divorzio e all’aborto. Passando dall’album dei ricordi alle cronache di oggi, ad affiorare sono soprattutto le discrasie tra i Dem italiani e i socialisti europei. Divisi sulle misure per gli agricoltori, sul supporto da dare all’Ucraina e sul modello di esercito europeo, sull’autonomia energetica e perfino sul nome stesso del gruppo in Parlamento Europeo – il PSE voleva chiamarlo solo “Socialist”, i nostri Dem hanno minacciato di andarsene se non fosse rimasto “Democrats and Socialist” – Schlein e i suoi hanno più volte sbattuto i pugni sul tavolo.
L’ultima? Alcuni mesi fa, quando Edi Rama, il premier socialista albanese autorevole esponente del PSE, ha sottoscritto l’accordo sui migranti con Giorgia Meloni. Schlein ha chiesto di calendarizzare la sua espulsione dal PSE, cosa che gli altri membri hanno trovato fuori scala e derubricato a tensione interna. E se ieri la premier danese Frederiksen ha fatto sobbalzare i suoi compagni anticipando l’invio di caccia danesi a Kiev (“L’Ucraina avrà i caccia dalla Danimarca prima dell’estate. Li avrà anche dall’Olanda. Stiamo addestrando i piloti, siamo fornendo l’assistenza tecnica”), Schmit, il commissario europeo al Lavoro, si è fatto prendere la mano dalla prossimità con Schlein: “La nostra lotta contro il fascismo – dice -è di attualità assoluta perché il fascismo è ritornato, e quindi è una lotta importante”. E in Italia “ci sono politici che non hanno preso le distanze con il fascismo, con la storia terribile della distruzione dell’Europa per il fascismo. Dobbiamo avere una posizione chiara contro il male, c’è una responsabilità dei politici che non prendono queste distanze”.
Dalla maggioranza hanno storto il naso e si sono chiesti se replicare a tono o meno. Meloni si è affidata a Michele Barcaiuolo, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissioni Esteri e Difesa, che giudica “incredibili e a tratti inaccettabili le parole che Schmit ha rivolto oggi al Governo italiano democraticamente eletto dai suoi cittadini e alla sua presidente del Consiglio Giorgia Meloni”. Oggi i lavori del PSE entrano nel vivo, cercando un’intesa sul secondo mandato di Ursula Von der Leyen.
