A poco meno di una settimana dalla direzione nazionale, nel Pd sfogliano la margherita e danno i numeri. L’unica certezza è che la segretaria Elly Schlein si candiderà alle prossime europee. Resta da capire il come. E non è affatto un dettaglio. Non capolista in tutte e cinque le circoscrizioni. Forse capolista in due collegi. O magari in tre. Oppure sarà candidata in tutta Italia, ma in nessun caso alla guida della lista. Una corsa da “gregaria” per accontentare chi, nel Partito democratico, vuole evitare la personalizzazione dello scontro con la premier Giorgia Meloni, anche lei intenzionata a metterci la faccia. Così come Matteo Renzi, che ha annunciato la sua candidatura in tutti i collegi.

Nel Pd invece traccheggiano, drammatizzano da quasi un mese la discesa in campo di Schlein alle europee. Al Nazareno e nei gruppi parlamentari dem, in questi giorni, circolano moltissime voci. Qualcuna infondata, tutte sostanzialmente non verificabili. Questo perché Schlein è chiusa nel suo cerchio magico e tiene al corrente delle sue mosse solo pochi fedelissimi. La segretaria si confronta soltanto con il responsabile organizzazione del Pd Igor Taruffi, la coordinatrice della segreteria nazionale Marta Bonafoni e con qualche componente del suo staff. Solo i collaboratori più stretti di Schlein sono al corrente delle sue mosse. Gli altri attendono la direzione nazionale di lunedì, quando la leader potrebbe sciogliere il nodo della sua candidatura. Un’ipotesi che tiene il partito con il fiato sospeso da settimane.

“Non credo che la segretaria si candiderà come capolista in cinque circoscrizioni, ma potrebbe correre tranquillamente in due o in tre, lasciando spazio negli altri collegi”, ipotizza un parlamentare del Pd di prima fila. Non cinque, ma forse due. Magari tre circoscrizioni. Archiviata anche la soluzione di una candidatura da capolista in un solo collegio. Ma la notizia è che Schlein alimenta il mistero sulle sue scelte, mentre deputati e senatori giocano alla lotteria. E così, archiviato lo scenario-trappola di una segretaria che viene eletta per rimanere a Bruxelles, nelle ultime ora spunta anche la carta di una corsa sì in tutti i collegi, ma mai come capolista. Un escamotage che soddisferebbe le pretese dei tanti che brigano per un posto al sole nelle liste del Pd e che sminerebbe il rischio della rappresentazione di un Partito democratico “personale come gli altri partiti”.

In più la competizione in posizione da “gregaria” depotenzierebbe la sfida con Meloni, attenuando il rischio di un confronto con i voti che saranno raccolti dalla premier. Una gara che potrebbe avere un esito impietoso per la leader del Pd. Ma nemmeno qui sono tutti d’accordo. “A noi non fa male una polarizzazione con Meloni perché ci accredita come gli sfidanti principali della presidente del Consiglio, poi è nell’ordine delle cose che la premier possa prendere più voti di Schlein, ma questo non sarebbe un problema”, spiega un deputato del Pd in Transatlantico a Montecitorio. E però la segretaria è guardinga. Schlein teme che dietro ogni consiglio si nasconda un’insidia. Ma, contestualmente, è consapevole che un ritiro dalla corsa delle europee possa dare l’impressione di una leader troppo debole, influenzabile dalle opinioni dei big che le hanno sconsigliato di candidarsi. Primo tra tutti Romano Prodi, il “padre nobile” del Pd e della segretaria.

Perciò, in assenza di certezze, avanzano le ipotesi mediane. Ricapitoliamo. Nel tourbillon delle indiscrezioni, quelle più accreditate sono due. La prima prevede che Schlein si candidi come capolista in due o in tre collegi. La seconda sembra quasi una resa e vede una segretaria in corsa in tutti i collegi, ma mai alla testa della lista del Partito democratico. Nella direzione di lunedì il Pd potrebbe avere una risposta all’arcano da parte di Schlein. Eppure il condizionale è d’obbligo, dato che all’ordine del giorno ci sono solo “una valutazione della situazione politica e il congresso Pse del 1 e 2 marzo a Roma”.