Una decisione che ha dato il via a polemiche, e non poteva essere altrimenti. In Belgio non mancano le polemiche per la scelta di concedere l’eutanasia a Shanti De Corte, una ragazza 23enne morta lo scorso 7 maggio dopo aver ottenuto il via libera dalla commissione federale responsabile del controllo sull’eutanasia.
Ma Shanti si considerava in un certo senso già morta da anni, da quando il 22 marzo del 2016 riuscì miracolosamente a scampare all’attentato avvenuto all’aeroporto di Bruxelles-Zaventem rivendicato dai miliziani dell’Isis, lo Stato Islamico.
Due bombe furono portate da attentatori kamikaze nell’aeroporto: la prima esplose alle 7:58 del mattino, non distante da Shanti, che ne uscì illesa. Destino diverso invece per altre sedici persone, che morirono nell’attacco assieme ai due attentatori: tra le vittime anche alcuni compagni della sua scuola, il collegio di Santa Rita di Kontich in provincia di Anversa, diretti a Roma per festeggiare la fine del ciclo di studi medi superiori.
Già affetta da alcuni problemi psicologici, dopo la strage nell’area dei check-in dello scalo nella capitale belga Shanti non supererà mai il trauma generato dall’attentato: la giovane raccontava il suo dramma personale sui social, dove scriveva quotidianamente dei suoi attacchi di panico e depressione.
“Mi sveglio e prendo medicine a colazione, poi fino a 11 antidepressivi al giorno. Senza non posso vivere, ma con tutte queste pastiglie non provo più niente, sono un fantasma”, scriveva in un post. Una situazione sempre più grave, che l’aveva spinta nel 2020 a tentare il suicidio, fino ad ottenere l’ok all’eutanasia in un Paese, il Belgio, che ha una tra le legislazioni più aperte al mondo sulla questione del fine vita.
Il 7 maggio scorso Shanti, con accanto i suoi genitori, ha potuto compiere definitivamente la sua scelta. “È stata una vita di risate e lacrime, fino all’ultimo giorno. Ho amato e mi è stato concesso di sapere cos’è il vero amore. Me ne vado in pace. Sappiate che già mi mancate”, il suo ultimo messaggio su Facebook.
Eppure la vicenda della 23enne non è stata priva di polemiche. I riflettori sul caso li ha puntati l’emittente pubblica Rtbf, facendo intervenire sul caso il neurologo dell’ospedale universitario Brugmann Paul Deltenre. Per il medico l’eutanasia non avrebbe dovuto essere autorizzata perché alla ragazza erano state offerte altre opzioni terapeutiche per trattare le ferite da stress post traumatico.
Una questione però ‘spenta’ dalla commissione federale responsabile del controllo sull’eutanasia, che ha chiuso il caso sottolineando che la legge è stata pienamente rispettata e che la ragazza “era in un tale stato di sofferenza mentale che la sua domanda è stata logicamente accettata“.
