Siria, la strage di bambini che tutti ignorano

Idlib, la strage degli innocenti. La mattanza di bambini, condotta nel silenzio complice della comunità internazionale mentre è ormai guerra totale tra Ankara e Damasco. «Ancora una volta siamo scioccati da un’ondata di violenza inarrestabile che ha visto almeno nove bambini e tre insegnanti uccisi mentre 10 scuole e asili sono stati attaccati due giorni fa a Idlib, nel nord-ovest della Siria – dichiara Ted Chaiban, direttore regionale dell’Unicef per il Medio Oriente e il Nord Africa -. Almeno quattro di queste scuole erano sostenute dai partner dell’Unicef.

Arrivano notizie secondo cui almeno 40 donne e bambini sarebbero rimasti feriti in questi attacchi. Questi attacchi arrivano in un momento in cui l’aumento della violenza nel nord della Siria ha costretto più di mezzo milione di bambini a fuggire. Quasi 280.000 bambini hanno subito un’interruzione della loro istruzione. Almeno 180 scuole della zona non sono operative perché sono state danneggiate, distrutte o ospitano famiglie di sfollati. Condanniamo fermamente – rimarca Chaiban – l’uccisione e il ferimento dei bambini. Le scuole e le altre strutture didattiche sono un rifugio per i bambini. Attaccarle è una grave violazione dei diritti dei bambini».

«Dall’inizio del 2020, sono già 22 le scuole bombardate, di cui quasi la metà in questa giornata», denuncia Save the Children. «È ora di dire basta alla guerra sui bambini. Le scuole dovrebbero essere luoghi sicuri dove i bambini possono imparare e giocare, anche in una zona di conflitto. Colpire scuole e asili usati per scopi civili è un crimine di guerra», fa eco Heba Morayef, direttrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord. «Nove anni dopo l’inizio della crisi, il governo siriano continua a mostrare profondo disprezzo per le leggi di guerra e per la vita dei civili. Gli attacchi alle scuole fanno parte di una politica sistematica di attacchi contro le popolazioni civili e costituiscono crimini contro l’umanità e crimini di guerra», ha sottolineato Morayef.

«Chiediamo alle forze siriane e russe di porre fine a tutti gli attacchi diretti contro i civili, agli attacchi indiscriminati e alle altre gravi violazioni dei diritti umani in corso. Coloro che hanno ordinato o commesso crimini di guerra dovranno essere portati di fronte alla giustizia»,  aggiunge Morayef. Quante madri dovranno ancora tenere in braccio il loro bambino mentre le bombe cadono ovunque? Quanti padri dovranno rassicurare i loro figli e farli ridere, mentre gli spari esplodono tutto intorno?» si chiede Cristian Reynders, coordinatore delle operazioni di Medici Senza Frontiere per la Siria nord-occidentale. «C’è una cosa in cui le persone in Idlib continuano a sperare: preservare la vita. Ma le loro speranze si abbassano ogni minuto, di giorno in giorno». A Idlib il “Banksy siriano” ha dipinto un murale: «Oltre un milione di bambini a Idlib stanno affrontando lo stesso destino della piccola fiammiferaia. Salvali», recita la scritta.

La situazione dei civili è sempre più drammatica. L’ufficio Onu per il coordinamento umanitario (Ocha) ha aggiornato  i dati della crisi umanitaria e fa sapere che sono 950mila i civili siriani sfollati nella regione di Idlib. Ocha precisa che gli sfollati dal 1 dicembre a oggi sono 948mila e che di questi 569mila sono minori, 195mila sono donne. Donne e bambini compongono l’81% dell’intera comunità di sfollati siriani a Idlib.

L’Onu ha avvertito che i combattimenti si stanno avvicinando “pericolosamente” ai loro campi, rischiando un “bagno di sangue”. L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Filippo Grandi si è detto inorridito delle condizioni in cui sopravvivono questi poveri sfollati, molti dei quali accampati all’aperto nella neve e nel freddo gelido. «Non devono essere migliaia di persone – ha ammonito Grandi – a pagare il prezzo delle divisioni della comunità internazionale, la cui incapacità di trovare soluzioni a questa crisi costituirà una macchia indelebile sulla coscienza di tutti».

Appelli accorati che cadono nel vuoto. Davanti al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite riunito martedì scorso a Ginevra, il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov detto che in questo momento una tregua equivarrebbe «ad una resa davanti ai terroristi». Il principale alleato del presidente siriano Bashar al-Assad ha aggiunto che un cessate-il-fuoco «sarebbe considerato persino un premio ai terroristi per le loro violazioni dei trattati internazionali e di numerose risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu». E un “no” alla tregua umanitaria viene anche dal “Sultano” di Ankara. «A Idlib non faremo il minimo passo indietro.

Faremo arretrare il regime siriano dietro i limiti definiti» della zona di de-escalation negli accordi con la Russia «e permetteremo il ritorno dei civili nelle proprie case», proclama il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, in un discorso al gruppo parlamentare del suo Akp. E Idlib è anche il teatro di una guerra globale tra Ankara e Damasco. Almeno 33 soldati turchi sono stati uccisi da un raid dell’aviazione siriana nella provincia di Idlib. L’attacco è arrivato nella tarda serata di giovedì, dopo il fallimento dei colloqui russo-turchi ad Ankara. È il più grave incidente che coinvolge le truppe turche dal 19 dicembre, quando è cominciata l’offensiva di Bashar al-Assad per riconquistare la provincia ribelle. Ci sarebbero anche molti feriti, portati subito negli ospedali militari in patria, come ha confermato il governatore della provincia turca confinante di Hatay, Rahmi Dogan.

Le forze armate di Ankara hanno reagito con bombardamenti massicci di artiglieria, “su tutte le postazioni” governative nell’area, ha precisato il portavoce Fahrettin Altun. L’Osservatorio siriano per i diritti umani, vicino all’opposizione, ha fornito un bilancio di 34 morti. Erdogan ha convocato un vertice d’emergenza e ha annunciato che la sua guardia costiera e l’esercito non fermeranno più i profughi siriani diretti verso l’Europa, se non riceverà aiuto e sostegno dagli alleati occidentali. Il ministro della Difesa Hulusi Akar ha detto che l’artiglieria e i droni armati turchi hanno distrutto «5 elicotteri, 23 tank, 23 cannoni semoventi, due sistemi di difesa anti-aerea Sa-17 e Sa-22» e “neutralizzato”, cioè ucciso e ferito «309 soldati del regime siriano».

Mentre Bruxelles (Nato) e Washington si schierano, almeno a parole, con Ankara, dalla televisione di Stato, Bashar al- Assad  ha annunciato  che non si fermerà: «La battaglia per la liberazione delle province di Aleppo e Idlib continua, indipendentemente dai discorsi vuoti e allarmisti che vengono dal nord». In una Norimberga siriana, lo Zar del Cremlino (Vladimir Putin),  il Sultano di Ankara  e il Rais di Damasco avrebbero un posto in prima fila. Sul banco degli imputati.