Soldi e crisi, lasciate in pace Togliatti

Capita non di rado che, per avvalorare una proposta importante nei diversi campi della vita politica, economica, sociale si faccia riferimento, da parte del proponente, a tesi sostenute a suo tempo da autorevoli esponenti del Partito comunista, quasi per dare solidità alla proposta o, in altri casi, per evidenziare come quelli che sono considerati, a torto o a ragione, i successori si discostino dalle passate posizioni di quel Partito o le sottovalutino. Rientra, sembra, nel primo caso il richiamo che l’ex Ministro Giulio Tremonti, nel recente saggio su “Globalizzazione. Le piaghe e la cura possibile”, Solferino, fa alla posizione tenuta da Palmiro Togliatti, all’epoca Ministro della Giustizia, nei confronti del prestito per la ricostruzione lanciato dal Governo con successo nei primi anni post-bellici.

Togliatti sosteneva questa operazione sottolineando come il prestito avrebbe dato lavoro agli operai i quali – evidenziava il Guardasigilli con accenti gramsciani – avrebbero ricostruito l’Italia. Ancora agli inizi degli anni settanta ho ascoltato riferire da “ compagni” anziani l’orgoglio di aver partecipato con piccole somme a quel prestito per dare un futuro al Paese. Naturalmente, è ben diversa la situazione dell’oggi da quella dell’immediato dopoguerra con l’ampia convergenza di forze politiche che allora si determinò, anche se non fu poi di lunga durata. Basti pensare all’esigenza di ricomposizione delle forze politiche e di riconciliazione nazionale nonché dell’ampliamento del consenso per la costruzione della democrazia che portò Togliatti a promuovere l’amnistia per i reati commessi durante il fascismo, amnistia sulla quale ancora adesso si discute.

In ogni caso, oggi non vi è un leader della statura di Togliatti, come di quella di De Gasperi, di Nenni, di Einaudi (e di diversi altri), checché se ne dica degli “ homines novi”, qualcuno addirittura ritenuto come voluto dalla Provvidenza che ora evidentemente ritiene possa farsene a meno. E l’impossibilità dei paragoni con la realtà odierna vale anche per gli esponenti che seguirono, innanzitutto Berlinguer, Moro , Craxi. Insomma i raffronti non reggono da nessun punto di vista. E ciò non è affatto una “laudatio temporis acti”. Certo, dovremo adattarci: queste sono le carte e con queste devi giocare, diceva un grande Governatore della Banca d’Italia, Donato Menichella. Fatta questa doverosa precisazione, il lancio di un prestito sostenuto da agevolazioni – Tremonti indica l’emissione di titoli pubblici esenti da ogni imposta presente e futura, come originariamente erano i Bot – è stato non molto tempo fa sostenuto pure da altri autorevoli personaggi, in particolare da Antonio Fazio, coerentemente con la linea pervicacemente seguita nel sottolineare, da Governatore della Banca d’Italia e successivamente, l’importanza di “fissare” il risparmio degli italiani nell’economia del Paese. In questa logica, anche l’intervento della Bce a sostegno del nostro debito avrebbe potuto essere minore.

Si trattava e si tratta di valorizzare concretamente, non solo a parole e con studi e analisi pur importanti, l’art.47 della Costituzione sulla tutela del risparmio in ogni sua forma da destinare a impieghi produttivi. Di recente, il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, ha più volte rappresentato l’esigenza di un piano per utilizzare parte dei depositi di risparmio per lo sviluppo dell’economia. A suo tempo, Class Editori ha presentato un progetto per il “taglia debito” che fa leva sull’impiego remunerativo del risparmio degli italiani. Dalla recente indagine del sindacato Fabi risulta che contante e conti correnti hanno raggiunto l’ammontare di circa 1.700 miliardi. Questa massa di risorse, che indica una forte preferenza per la liquidità, si è formata per le forti incertezze della prospettiva causate, prima, dalla pandemia, poi dalla guerra in Ucraina che hanno inciso sulle aspettative, mentre, per converso, cresceva l’inflazione e la remunerazione dei depositi, in conseguenza della politica dei tassi seguita dalla Bce fino a poco tempo fa, finiva con l’essere assai ridotta o nulla.

Dunque, altro che valorizzazione del risparmio. Ora vedremo quale impatto avranno, anche sulla remunerazione dei conti correnti, l’intervenuto cambiamento nella manovra monetaria e l’aumento dei tassi di riferimento, da parte dell’Istituto centrale. Ma l’esigenza di un piano per l’impiego del risparmio, pur avendo presenti le misure adottate – si pensi ai Pir – resta confermata. I problemi di politica economica e tecnici connessi non sarebbero semplici, come non lo sarebbero i rapporti con la Commissione Ue, la quale probabilmente si precipiterebbe a contestare agevolazioni e incentivazioni pubbliche. Ma vale la pena avere un piano che faccia leva su di una delle due ricchezze del Paese, come da tempo sostiene il Presidente della Consob, Paolo Savona: il risparmio, appunto, e la capacità di esportare. Sta di fatto, però, che in nessun programma dei partiti per la competizione elettorale si rinviene una parte – magari tre righe soltanto – che affronti il tema del risparmio con le sue connessioni. E, allora, è difficile prevedere quale potrà essere la posizione del Governo che sarà formato dopo l’esito elettorale. Il rischio è che proposte, pur formulate da personaggi autorevoli, concretino, poi, l’espressione oraziana “ Video meliora proboque, deteriora sequor”.