Giustizia
Strage di Ustica, Tricarico: “Le mie affermazioni basate su prove e trascurate del pm Amelio”
In risposta all’articolo “Le verità su Ustica che Tricarico vuole ignorare” degli onorevoli Verini e De Maria
Non sono abituato né tantomeno educato a buttar in caciara alcun tipo di questione, specie quando si tratti di stragi come quella del DC9 fatto esplodere sul mar Tirreno il 27 giugno 1980. Proprio per questo mi atterrò ai fatti nel rispondere agli onorevoli Verini e De Maria, i quali nell’articolo a loro firma, pubblicato da Il Riformista del 29 novembre con il titolo “Le verità su Ustica che Tricarico vuole ignorare” mi accusano, tra l’altro, proprio di non attenermi ai fatti.
Innanzitutto è un’imprecisione non da poco che i due parlamentari si siano adoperati per sostenere la richiesta di non archiviare le indagini, semplicemente perché coloro che dicono di difendere – Daria Bonfietti e la sua associazione – non si sono mai opposti all’archiviazione. A furor di popolo forse sì, ma nei fatti la sola opposizione è stata presentata, nelle forme previste, da Giuliana Cavazza, figlia di una delle 81 vittime della strage e presidente dell’Associazione per la Verità sul Disastro Aereo di Ustica (AVDAU).
Come è falso che le mie dichiarazioni abbiano ignorato fatti e realtà: è vero il contrario, avendo basato ogni mio commento su risultanze probatorie, ignorate dal PM Amelio nella sua richiesta di archiviazione, e su quanto scritto in sentenza, arrivata fino in Cassazione, ma non alle orecchie di Verini e De Maria, i quali discettano su una strage come se su di essa la giustizia penale non si fosse mai pronunciata.
È vero purtroppo che le indagini per le quali è stata chiesta l’archiviazione sono state affidate ad un magistrato, il pm Erminio Amelio, convinto della tesi del missile (tanto da sostenerlo in un libro pubblicato a processo ancora aperto) e quindi il meno indicato a battere altre piste che non fossero quelle fasulle della battaglia aerea, non cercando così i terroristi che avevano piazzato la bomba nella toilette del DC9. Perché questo ha accertato, oltre ogni dubbio, la perizia di ufficio redatta dal collegio Misiti. E fin quando non ce ne sarà un’altra redatta da esperti altrettanto competenti, ogni ipotesi sarà fantasia.
Erminio Amelio d’altro canto, non ha ritenuto di astenersi dalle indagini, né tantomeno il Procuratore di Roma, che gliele aveva assegnate, pur formalmente sollecitato, ha ritenuto di avocarle a sé, per la plateale improponibilità che fosse un magistrato convinto della tesi del missile a continuare le indagini. E le pecore sono rimaste in custodia al lupo. Fumose, vaghe, basate su testimonianze ritenute inattendibili dallo stesso Rosario Priore le argomentazioni di De Maria e Verini, esse riflettono la vistosa anomalia di chi ha condotto le ultime indagini ed ignorano come se non fosse mai stata pronunciata, la sentenza penale. Inoltre, una delle tante “picconate” venuta male quella di Francesco Cossiga quando puntò il dito accusatore verso la Francia, e tuttavia, in più di una circostanza, sotto giuramento, (per la precisione nel luglio 92 a Priore, Rosselli e Salvi, nel marzo 95 e gennaio 96 sempre a Priore e Salvi) Cossiga non confermò la sua versione sul missile francese. Il 26 febbraio 2002, sempre sotto giuramento, alla domanda del pm sull’ipotesi del missile, rispose testualmente: “No, anzi la cosa mi meravigliò quando io poi l’appresi dalla stampa”.
Veniamo ad Amato. Prive di una linea, di una tesi, di una visione le sue tante dichiarazioni: difficile pertanto replicare ad un pensiero così sfuggente, così ambiguo, salvo fare stato dell’imperscrutabilità del suo comportamento e dell’incredibile disconoscimento ad opera di un uomo di legge, di un Presidente Emerito della Corte Costituzionale, della giustizia penale giunta invece a certezze inoppugnabili. Peccato che al pari di Cossiga, sotto giuramento, Amato nel dicembre 2001 abbia dichiarato altro, rispetto alle numerose prospettazioni mediatiche degli ultimi tempi. Ed il magistrato, sempre il Procuratore di Roma, pur sollecitato, non ha ritenuto di appurare la natura delle discrepanze emerse nelle varie sortite pubbliche di Amato rispetto alla testimonianza resa sotto giuramento.
Una fiction dopo l’altra gli scoop di Andrea Purgatori, ne sono stati contati trentadue, tutti diversi. Messo alle strette in giudizio su una di queste fiction, anzi un film da lui sceneggiato “Il muro di gomma”, Purgatori si giustificò sostenendo che il film “costituisce rappresentazione artistica degli accadimenti e non ricostruzione storica-documentaristica”. Stessa considerazione evidentemente per tutte le altre fiction da lui messe in piedi.
Ed infine, Il DC9 Itavia non esplose “una sera di fine maggio” come dicono Verini e De Maria, ma il 27 giugno 1980. C’è da sperare che almeno questa ultima affermazione sia solo un lapsus e non la testimonianza conclusiva dell’inattendibilità e del pressappochismo delle critiche rivoltemi dai due parlamentari nell’articolo dello scorso 29 novembre.
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