Lettura consigliata in questa estate canicolare: un vecchio libro, I disarmati di Luca Rossi. Contiene uno sfogo di Giovanni Falcone, mai smentito: «Il fatto è che il sedere di Falcone ha fatto comodo a tutti. Anche a quelli che volevano cavalcare la lotta antimafia… Ne ho i coglioni pieni di gente che giostra con il mio culo… Sciascia aveva perfettamente ragione: non mi riferisco agli esempi che faceva in concreto, ma più in generale. Questi personaggi, prima si lamentano perché ho fatto carriera, poi se mi presento per il posto di procuratore, cominciano a vedere chissà quali manovre. Gente che occupa i quattro quinti del suo tempo a discutere in corridoio; se lavorassero, sarebbe meglio. Nel momento in cui non t’impegni, hai il tempo di criticare… Basta, questo non è serio. Lo so di essere estremamente impopolare, ma la verità è questa…».
Altre letture: le sedute del Consiglio Superiore della Magistratura: i verbali relativi alla nomina a procuratore di Marsala di Paolo Borsellino (settembre 1986); e della nomina a capo dell’ufficio istruzione del tribunale di Palermo, in lizza Antonino Meli e Giovanni Falcone (gennaio 1988). Aiutano a orientarsi su fatti, episodi, situazioni che sono parte della storia di questo Paese; per questo vanno raccontati nella loro interezza e integrità, se si vuole sperare di capirci qualcosa. La strage di via D’Amelio a Palermo dove hanno perso la vita Borsellino e la sua scorta, per esempio: sono trascorsi trent’anni, la vicenda continua a essere avvolta in un groviglio di menzogne, reticenze, omissioni. Non solo la questione dell’agenda rossa, che sicuramente quella domenica era nella borsa del magistrato, e mani “istituzionali” provvedono a farla sparire.
Di Borsellino scrive, su Il Fatto l’ex procuratore Giancarlo Caselli. Ricorda che con grande coraggio aveva manifestato pubblicamente il suo dissenso «dopo la sconcertante decisione del Consiglio Superiore della Magistratura” di nominare a capo dell’ufficio istruzione “un magistrato che di mafia sapeva poco o nulla (Meli, ndr), che aveva il vantaggio di esser molto più anziano». Scrive anche: «Commemorando l’amico ucciso, Borsellino disse che Falcone, preso in giro da “qualche Giuda”, aveva “cominciato a morire” proprio nel gennaio 1988 con l’umiliazione inflittagli dal Csm “con motivazioni risibili». Aggiunge: «Se non forse l’anno prima, con quell’articolo di Leonardo Sciascia»: vale a dire l’articolo che attaccava Borsellino per la nomina a procuratore di Marsala e che fu poi strumentalizzato per “affondare” Falcone”.
Ecco dunque il perché delle letture “consigliate”; segnatamente quel “Sciascia aveva perfettamente ragione”. Ragione d’aver sostenuto (cito Emanuele Macaluso che lo comprende subito): «che non si possono cambiare le regole in corsa, nemmeno a fin di bene. Perché se le cambi così, poi ognuno si fa la legge, o la nomina, a propria misura». Si può aggiungere che il magistrato e lo scrittore successivamente si incontrano, si spiegano, si chiariscono; c’è una fotografia che li riprende, sorridenti, quasi complici.
Ora le due citate sedute del Csm; la prima, quella della nomina di Borsellino a procuratore di Marsala. Di quel Csm fa parte anche Caselli che vota a favore; ma gli altri due aderenti a “Magistratura Democratica”, Elena Paciotti e Giuseppe Borrè, no: si astengono. Come mai? Anche loro Giuda? Ancora più netta la frattura nella seconda seduta, quella che “umilia” Falcone. Coerente Caselli vota per Falcone. Borré e Paciotti votano Meli; poi, scaduto il mandato al Csm Paciotti si candida, eletta, per l’allora Partito Democratico della Sinistra al Parlamento Europeo. Ecco, quando si raccontano le storie, vanno raccontate tutte.
