L'intervista
Talò: “Il gruppo di Shanghai è un amalgama instabile. La chiave di Gaza è la Cisgiordania, la diplomazia per fermare insediamenti ed estremisti”
Francesco Maria Talò, già ambasciatore d’Italia in Israele e presso la Nato, ex Consigliere diplomatico a Palazzo Chigi e oggi inviato speciale per l’IMEC (India-Middle East-Europe Economic Corridor), analizza i nuovi scenari globali e regionali tra Asia e Medio Oriente.
Le fotografie del vertice di Shanghai hanno fatto il giro del mondo. Modi nella macchina di Putin è l’immagine simbolo: che cosa rappresenta davvero questo summit?
«Si dice che questo vertice ridefinirà un nuovo ordine mondiale. Ma io credo che continueremo a vivere nel disordine di un sistema magmatico. In quella foto conta l’India: non per i meriti di Xi o Putin, ma per i dazi americani che hanno spinto Modi verso la Cina. L’Europa e gli Stati Uniti non ci sono, ma c’entrano molto: dall’Ucraina alle materie prime. Comunque il gruppo di Shanghai resta un amalgama instabile. Il viaggio di Modi in Giappone prima di recarsi in Cina dimostra che non c’è stata alcuna virata filocinese: l’India resta fedele a una visione di autonomia strategica e non diventerà mai un alleato strutturale dell’Occidente, ma neanche un autentico partner della Cina che rimane un concorrente suo strategico. In politichese italiano potremmo dire che pratica un po’ la politica dei due forni».
Cosa può fare l’Occidente per mantenere l’India nel proprio orizzonte strategico?
«Bisogna continuare a ingaggiare New Delhi, ad esempio con progetti come l’IMEC, che lega India, Medio Oriente ed Europa. In questo quadro il Golfo può diventare decisivo anche per superare il conflitto israelo-palestinese. Europa e Italia devono tenere gli occhi aperti: tutto è collegato, dalle forniture tecnologiche alle rotte commerciali».
Dal gruppo di Shanghai all’asse del male: Cina e Russia armano i nemici di Israele?
«A Washington si sottolineano sempre più le forniture tecnologiche cinesi agli Houthi. La Russia, intanto, si compiace delle difficoltà economiche dell’Occidente e guarda alle nuove rotte artiche che accorciano i tempi dei traffici Cina-Europa. Per l’Italia sarebbe esiziale: dobbiamo rafforzare subito i corridoi che ci convengono, come l’IMEC».
Quale futuro per Gaza e quali garanzie di sicurezza per Israele?
«Su Gaza vedo due elementi essenziali: ricostruzione e sicurezza. La ricostruzione dovrà essere guidata dai Paesi del Golfo con l’Unione Europea e naturalmente gli Stati Uniti. La sicurezza, invece, potrà essere garantita da forze arabe, incluso l’Egitto, con supporto europeo. Potrebbe contribuire una missione europea anche con i Carabinieri a Rafah, come l’EUBAM, congelata negli ultimi anni».
Bisogna ripartire dalla diplomazia per uscire dal conflitto in Medio Oriente?
«Si guardi di più alla Cisgiordania. Gli insediamenti e le violenze degli estremisti minacciano la coesistenza, che è l’obiettivo imprescindibile. In questo senso l’Italia e la Germania hanno colto nel segno: il ministro Tajani e il suo omologo tedesco Wadephul hanno individuato il punto dove l’Europa deve essere attiva con strumenti concreti che contrastino le derive più pericolose nel lungo periodo».
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