C’erano già stati scontri e tensioni tra lo Stato di Israele e la Freedom Flotilla Coalition, organizzazione di volontari nata per contrastare il blocco imposto a Gaza da parte di Tel Aviv. A distanza di quindici anni dall’incidente della Mavi Marmara e a poco più di un mese dal caso della nave Conscience, attaccata da un drone, al largo di Malta, mentre era diretta verso Gaza, la storia si ripete. Stavolta l’imbarcazione si chiama Madleen, batte bandiera britannica ed è salpata lo scorso 1 giugno dal porto di Catania. A bordo dello scafo ci sono cibo, medicine, filtri per rendere l’acqua potabile. Il suo equipaggio non include esperti marinai, ma giornalisti, politici e attivisti, come l’eurodeputata Rima Hassan e l’ambientalista Greta Thunberg. La destinazione resta sempre la stessa: Gaza.

“Nave sequestrata, equipaggio rapito”

Il sole deve ancora sorgere quando, nelle prime ore di ieri, la Madleen viene intercettata e abbordata dalla marina israeliana, prima di poter portare a termine la propria missione. Flotilla lancia subito l’allarme: “La nave è stata sequestrata e l’equipaggio rapito da Israele”, mentre sui social vengono diffusi messaggi pre-registrati, come quello realizzato dall’attivista svedese: “Se state guardando questo video – denuncia Thunberg – siamo stati intercettati e rapiti in acque internazionali dalle forze di occupazione israeliane”. Ma i contenuti condivisi hanno anche un altro obiettivo: cercare di mettere pressione ai rispettivi Paesi per richiedere quanto prima la propria liberazione. Israele risponde e smorza subito la tensione.

Israele e “lo yacht da selfie”

La replica arriva dal ministero degli Esteri, che sminuisce la vicenda: “La Madleen è ora rimorchiata verso Israele, da dove i membri del suo equipaggio saranno espulsi nei loro Paesi di provenienza. Lo yacht da selfie delle celebrità sta navigando sano e salvo”. E ironizza anche sul carico trasportato: “La piccola quantità di aiuti che si trovava sullo yacht verrà trasferita a Gaza attraverso canali umanitari autentici”. Più severo, invece, il pensiero del ministro della Difesa, Israel Katz: “L’equipaggio della Madleen guarderà un video che mostra le atrocità commesse il 7 ottobre 2023”, ordinando all’esercito di mostrare agli attivisti (“L’antisemita Greta e i suoi amici sostenitori di Hamas”) un filmato di 43 minuti sugli orrori commessi dai terroristi di Hamas.

L’equipaggio, scortato dalla marina israeliana, viene allora portato a Ashdod, nel sud dello Stato ebraico, a meno di 40 km da Gaza, con annesso trasferimento nel penitenziario di Giv’on, in attesa del processo e del rimpatrio. Da tutto il mondo, intanto, piovono critiche e contestazioni contro Israele con Francia, Spagna e Germania impegnate in prima linea per la protezione consolare dei loro cittadini. Macron chiede che i sei connazionali a bordo possano rientrare “il prima possibile”, mentre l’ambasciatore tedesco in Israele conferma di aver offerto assistenza all’attivista tedesca presente sulla nave. Riguardo a Madrid, invece, lo strappo è più profondo, con la convocazione al ministero degli Esteri dell’incaricato d’affari dell’ambasciata israeliana. Questo per via dell’assenza dell’ambasciatore israeliano in Spagna, ritirato da Netanyahu dopo il riconoscimento della Palestina da parte dello Stato iberico.

Le contestazioni più dure arrivano da Turchia e Iran, che denunciano l’operazione come un atto illegittimo. “L’intervento delle forze israeliane contro la Madleen in acque internazionali, con a bordo anche nostri cittadini, è una chiara violazione del diritto internazionale”, ha affermato il ministro degli Esteri turco, definendo l’azione come “un atto atroce del governo Netanyahu”, a dimostrazione del fatto che Israele “si comporta come uno Stato terrorista”. Da Teheran, il portavoce del ministro degli Esteri l’ha definito “un atto di pirateria” commesso in acque internazionali: una zona territoriale in cui nessuno avrebbe potuto impedire la libera navigazione della Madleen.