Il cambio di passo c’è e si vede. Lontani i ‘fasti’ dell’ormai ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, al dicastero di via Arenula le cose stanno cambiando con l’arrivo del Guardasigilli Marta Cartabia. Non solo per l’attesa riforma, finalmente in chiave garantista, sulla quale è ancora in corso un costante lavoro di ‘taglia e cuci’ per non far scoppiare la maggioranza, ma anche su altri ‘dettagli’, per così dire.
Andiamo al punto. È iniziato questa mattina al palazzo di giustizia di Siena il processo nei confronti dei cinque agenti di polizia penitenziaria che devono rispondere dei reati di tortura, minacce aggravate, lesioni, falso ideologico e abuso di potere nei confronti di un detenuto tunisino di 31 anni nella fase di trasferimento da una cella a un’altra.
La vicenda risale all’ottobre del 2018, quando nel carcere di Ranza a San Gimignano il detenuto è stato sottoposto a “sofferenze acute e sofferenze fisiche” e ad un trattamento “inumano e degradante”, è l’accusa che arriva dalla Procura.
Un processo che potrebbe andare per le lunghe: già oggi è immediatamente slittato per motivi di salute di uno dei giudici del collegio, con la prossima udienza il 9 giugno. Secondo Manfredi Biotti, legale di quattro dei cinque imputati, “potrebbe durare almeno un paio d’anni”. Potrebbero essere almeno un centinaio i testimoni a sfilare in aula, di cui 39, scrive l’Agi, solo di Biotti. A questi si aggiungeranno quelli dell’altro imputato, difeso dall’avvocato romano Fabio D’Amato, quelli della Pm Valentina Magnini, e quelli delle parti civili.
A proposito di parti civili, su questo punto è arrivato il deciso e importante cambio di passo del ministero della Giustizia che ha chiesto di costituirsi parte civile al processo tramite l’avvocatura di Stato. Una scelta ben diversa da quella compiuta dal predecessore Bonafede, che scelse di non costituirsi parte civile in quanto persona offesa, dato che gli agenti di polizia penitenziaria sono dipendenti del Ministero di via Arenula.
Il processo che si è tenuto oggi, con rito ordinario, segue quello tenuto il 17 febbraio scorso col rito abbreviato nei confronti di altri dieci agenti del carcere di San Gimignano. Due di questi sono stati condannati a 2 anni e tre mesi, sette a due anni e sei mesi, uno a 2 anni e otto mesi, per i reati di tortura in concorso e lesioni aggravate in concorso.
