Accusati del pestaggio di un detenuto
Cinque agenti del carcere del carcere di San Gimignano a processo per tortura: è la prima volta in Italia

Per la prima volta in Italia si celebrerà, presso il tribunale di Siena, un processo dove si contesta a degli appartenenti alle forze dell’ordine il reato di tortura. Il gup del tribunale della città toscana, Roberta Malavasi, ha rinviato a giudizio 5 agenti di polizia penitenziaria, tre ispettori e due assistenti, che prestavano servizio nel carcere di Ranza, a San Gimignano (Siena), accusati di aver picchiato un detenuto tunisino durante un trasferimento di cella, l’11 ottobre 2018. Le contestazioni erano di lesioni aggravate, minaccia, falso ideologico tortura
Secondo quanto emerso dall’inchiesta, coordinata dalla pm Valentina Magnini, ai danni del detenuto ci sarebbe stato un pestaggio che avrebbe provocato alla vittima sofferenze acute e un “trattamento inumano e degradante”. Il processo ai 5 agenti, di fronte al collegio presieduto dal giudice Luciano Costantini, dovrebbe iniziare a maggio del 2021. Nel procedimento sono state ammesse anche sette parti civili, legate a varie associazioni a tutela dei diritti e delle garanzie dei detenuti. Ci sono altri 10 agenti sotto indagine per i medesimi fatti.
“Nell’ottobre del 2019 Antigone – ricorda all’AdnKronos l’avvocato Simona Filippi, che segue questi casi per conto dell’associazione – aveva ricevuto notizia dell’indagine in corso per violenze da parte di quindici agenti di polizia penitenziaria della Casa di reclusione di San Gimignano nei cui confronti, il 28 agosto 2019, veniva emessa ordinanza di misura cautelare. A dicembre 2019 presentammo un esposto nel quale chiedevamo che si configurasse il reato di tortura a carico degli agenti. Lo scorso 10 settembre Antigone aveva avanzato la richiesta di costituzione di parte civile, poi accolta dal giudice mentre, nella stessa udienza, il medico imputato chiese di essere giudicato con il rito abbreviato. Oggi si è arrivati al rinvio a giudizio per cinque poliziotti penitenziari e alla condanna del medico”.
Filippi ricorda come sia “la prima volta che un medico viene condannato per essersi rifiutato di refertare un detenuto che denunciava di aver subito violenze. Speriamo che questo precedente aiuti a scardinare quel muro di complicità che a volte rischia di crearsi in casi simili”.
“Il rinvio a giudizio per tortura è una notizia che speriamo dia ristoro alle vittime – commenta Patrizio Gonnella, presidente di Antigone – La tortura è un crimine che va indagato con decisione, così come è stato fatto. La tortura, purtroppo, esiste ma fortunatamente ora esiste anche una legge che la punisce. Infine, un invito al ministero della Giustizia e al Governo tutto: si costituisca parte civile. Così garantiremo maggiormente quella enorme fetta di operatori che si muovono nel solco della legalità”.
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