Una tassa media del 15% sulle merci europee dirette negli Stati Uniti. È questo il cuore dell’accordo raggiunto tra Washington e Bruxelles per evitare una nuova guerra commerciale, ma è anche l’ennesimo segnale che le catene di approvvigionamento globali non sono più al sicuro. Prima la pandemia, poi la guerra in Ucraina, e ancora oggi il flusso geopolitico con la Cina: continuano le tensioni nella regione di Taiwan e sui semiconduttori, ricomposte tuttavia da un recente negoziato a Stoccolma tra Washington e Pechino che ha sancito una tregua sui dazi in scadenza nei primi giorni di agosto. Le imprese europee – italiane incluse – si trovano così esposte a una rete di rischi che vanno ben oltre i costi del carburante o i ritardi nei porti.
La complessità delle supply chain moderne, articolate su più continenti, rende ogni passaggio potenzialmente critico. Una nuova norma, una barriera doganale, un conflitto, una decisione politica improvvisa: l’effetto domino è dietro l’angolo. Per questo motivo, sempre più aziende guardano all’intelligenza artificiale non solo come strumento di ottimizzazione, ma anche come leva difensiva. Secondo Datategy – società francese che sviluppa modelli predittivi per l’industria – l’IA può offrire un vero e proprio “scudo cognitivo” contro i rischi che minacciano la catena di fornitura. Attraverso l’analisi di enormi quantità di dati – dai flussi commerciali alle normative internazionali, dai comunicati governativi ai dati doganali – gli algoritmi sono in grado di identificare segnali deboli, anticipare cambiamenti normativi, segnalare vulnerabilità. Il vantaggio è duplice: prevedere per tempo un possibile shock e suggerire le contromisure più efficaci. Il valore dell’IA, in questo contesto, non sta tanto nella velocità, quanto nella capacità di simulare scenari alternativi. Cosa succede se gli Stati Uniti alzano i dazi sulle auto tedesche? Quali rotte diventano più convenienti se il canale di Suez viene bloccato? Quanto costa, in termini di margine, un ritardo al porto di Shanghai? Rispondere a queste domande in modo tempestivo è oggi fondamentale.
I modelli di machine learning, allenati su dati storici e real-time, aiutano le aziende a decidere se mantenere la catena attuale, rinegoziare contratti o riconfigurare le scorte. Nel caso specifico dei dazi, come quelli annunciati in questi giorni, l’intelligenza artificiale può essere impiegata per stimare l’impatto su singoli mercati, categorie merceologiche e modelli di business. Alcune piattaforme permettono alle imprese di configurare modelli personalizzati: se la tariffa aumenta di 10 punti, quanto mi costa? Posso ammortizzarla cambiando fornitore o accorciando la filiera? Posso redistribuire la produzione? Sono domande che prima restavano in mano a pochi esperti, spesso all’oscuro dei dettagli locali. Oggi, grazie all’IA, le risposte possono essere simulate e comparate in pochi minuti. In Italia, il tema è cruciale per decine di migliaia di piccole e medie imprese esportatrici, spesso prive di strumenti per leggere in anticipo gli impatti di un cambiamento normativo o di una decisione politica presa oltreoceano.
L’IA non risolve il problema strutturale della scarsa internazionalizzazione digitale, ma può offrire un supporto concreto per gestire l’incertezza, specie se integrata nei sistemi di procurement, logistica e compliance. Il futuro delle supply chain sarà sempre più influenzato da fattori esterni: guerre commerciali, cambiamenti climatici, normative ambientali. In questo scenario, l’intelligenza artificiale non è solo una tecnologia emergente: è una bussola. Non elimina l’incertezza, ma consente alle imprese di orientarsi quando il mare si fa mosso. La geopolitica non aspetta, ma oggi, almeno, c’è uno strumento in più per non navigare alla cieca.
