L’Italia si prepara a diventare protagonista internazionale nel dibattito istituzionale sulla questione idrica con l’organizzazione del primo Forum Euromediterraneo dell’Acqua, che si terrà a Roma nell’autunno del 2026. Un appuntamento di rilevanza politica e tecnica che sta preparando il Comitato One Water, presieduto da Maria Spena.
In che modo si sta strutturando il percorso preparatorio e quali sinergie si stanno consolidando tra i vari Paesi e soggetti coinvolti?
«Intanto mi soffermerei sulla rilevanza geopolitica di questo Forum. Non a caso il ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale Antonio Tajani lo ha definito di recente, in un contesto di prestigio come il vertice di Nizza sul Mediterraneo, “un modello di speranza e ripartenza lontano dai catastrofismi che rischiano di giustificare l’inazione”. Finora la formula aveva coinvolto solo i Paesi dell’area mediterranea, mentre l’edizione 2026 vedrà partecipare anche tutti i Paesi europei, Balcani compresi. Avremo più di 40 delegazioni nazionali al tavolo di Roma 2026. Stiamo aprendo il lavoro del Comitato al contributo di rappresentanti degli altri enti di settore e dei principali attori privati. A questo scopo abbiamo avviato dei tavoli tecnici con le imprese finalizzati al loro coinvolgimento nei prossimi incontri regionali e nei numerosi appuntamenti nazionali e internazionali del calendario preparatorio».
Il tema della sicurezza idrica è sempre più centrale. In che modo il progetto One Water, con il suo approccio integrato, può rafforzare la capacità di risposta del nostro Paese e promuovere una gestione più sostenibile della risorsa?
«L’obiettivo del Comitato non è solo quello di organizzare, al meglio, il Forum Euromediterraneo del 2026. Nel cammino di avvicinamento intendiamo promuovere e in qualche modo “elevare” il dibattito sulla questione idrica. Per favorire una cultura del risparmio non ci si può limitare a fare appelli a chiudere bene il rubinetto di casa. Grazie al network di istituzioni pubbliche, nazionali e internazionali, università, centri di ricerca, imprese e associazioni attive nel settore, che il Comitato One Water è riuscito a costruire, si può diffondere un messaggio più professionale sull’uso dell’acqua. L’interazione tra attori con competenze e funzioni diverse, inoltre, permette di adottare una logica multidisciplinare alla ricerca di soluzioni su un tema che è universale, non di parte».
L’Italia perde circa il 41% dell’acqua prelevata a causa delle reti obsolete, mentre il 20% del Pil nazionale dipende direttamente o indirettamente dall’utilizzo della risorsa idrica. Quali conseguenze hanno queste criticità sulla capacità di adattamento del nostro Paese?
«L’Istat ci dice che, se recuperassimo le attuali perdite, potremmo garantire le esigenze idriche di circa 44 milioni di persone in un anno. Le conseguenze della dispersione però non toccano solo il benessere delle famiglie e degli individui, ma provocano danni all’economia e all’ambiente. Pensiamo ai contraccolpi sulle coltivazioni che penalizzano tutta la filiera agroalimentare ma anche all’aumento dei costi per le aziende di gestione. È chiaro che investire sulla costruzione e sull’ammodernamento delle infrastrutture idrauliche, da considerare come vero asset strategico della nazione, sia la risposta giusta non solo in termini etici ma anche di convenienza. A questo proposito merita un plauso la resilienza del nostro sistema consortile che, conoscendo bene la realtà, insiste molto sulla necessità di razionalizzare e ottimizzare l’uso dell’acqua».
In più occasioni ha sottolineato che l’Italia è al terzo posto in Europa per brevetti ambientali. Come possono le istituzioni valorizzare le nuove tecnologie – dalla sensoristica ai sistemi digital twin, fino ai big data – per rendere più efficace e sostenibile il sistema di gestione dell’acqua?
«La razionalizzazione già menzionata passa inevitabilmente mediante le nuove tecnologie. La rivoluzione digitale offre un’opportunità senza precedenti alla realizzazione di quella che possiamo chiamare la “transizione idrica”. Senza la transizione idrica, mi preme ricordarlo, è di difficile – se non impossibile – attuazione anche la stessa transizione ecologica di cui si parla tanto. L’Italia ha dalla sua un know-how tecnico invidiabile ed è per questo che il Comitato One Water ha voluto promuovere un tavolo tecnico ad hoc con le aziende già impegnate nel nostro territorio a investire sull’innovazione digitale per contenere gli sprechi d’acqua. Offrendo loro la possibilità di partecipare, ad esempio, agli incontri regionali sulla questione idrica e dunque di sedersi al tavolo con i delegati dei governi dell’area mediterranea, abbiamo l’ambizione di promuovere il “Made in Italy” in un campo troppo spesso sottovalutato quale è quello digitale».
Guardando al 2035, quale visione guida l’azione del Comitato One Water? Quali leve ritiene centrali per costruire un modello condiviso e resiliente di gestione delle risorse idriche nel contesto euromediterraneo?
«Se dovessi riassumere l’azione del Comitato in una sola parola, utilizzerei un verbo: consapevolizzare. Il risparmio dell’acqua, la necessità del suo uso intelligente sono argomenti universali, direi persino popolari. Chi può essere favorevole allo spreco idrico? L’attività del Comitato si propone di trasmettere questo messaggio a tutti i livelli, dal singolo cittadino fino all’istituzione, senza fare ricorso a dogmi ideologici ma con la forza dell’esperienza e della competenza. Sono convinta che, al termine dell’avventura di Roma 2026, i Paesi europei e dell’area mediterranea guarderanno al modello di sostenibilità idrica offerto dall’Italia con interesse e spirito di emulazione. In questo senso, ci aiuta l’esempio del governo italiano e la credibilità internazionale acquistata anche grazie a progetti specifici come il Piano Mattei – che all’acqua attribuisce un’importanza strategica senza precedenti – e all’impegno in prima linea del Ministero degli Affari esteri per rilanciare il protagonismo dell’Italia su questo tema. Nell’ambito del G7 Clima, Energia e Ambiente a presidenza italiana, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha fortemente promosso l’istituzione di una “G7 Water Coalition” per una gestione coordinata ed efficiente delle risorse idriche».
