Transizione ecologica sì, ma senza ideologie. Il presidente della commissione Trasporti della Camera, Salvatore Deidda, chiarisce le linee guida della strategia italiana per una mobilità sostenibile ma realistica. Dal cold ironing nei porti alla fiscalità ETS, dalla rete aeroportuale alla centralità del Mediterraneo, Deidda rivendica un approccio tecnologicamente neutro e a misura di cittadini e imprese, con investimenti mirati e riforme strutturali.

Presidente, la transizione ecologica è un imperativo anche per il settore dei trasporti. Quali sono i punti cardine della strategia italiana? A che punto siamo?
«Il punto cardine può ritenersi l’abbandono di quelle posizioni ideologiche e dogmatiche che vedono nell’ecologia la priorità assoluta su qualsiasi altro interesse e nell’elettrico l’unica soluzione plausibile, posizioni che di fatto stanno danneggiando l’economia e l’industria italiana ed europea. Stiamo lavorando per ottenere la revisione dello stop ai motori endotermici nel 2035, per superare le storture di mercato arrecate dal nuovo sistema ETS e per valorizzare tutte quelle soluzioni alternative all’elettrico oggi già fruibili quali i biocarburanti. Il governo inoltre sta lavorando alacremente per rispettare gli impegni del PNRR, che prevede interventi sulla rete ferroviaria e a favore dell’intermodalità e della mobilità sostenibile per costruire un’Italia sempre più interconnessa ed ecologicamente sostenibile».

Uno degli obiettivi del piano europeo “Fit for 55” è l’elettrificazione delle banchine portuali. Cosa manca per rendere operativo il cold ironing su scala nazionale?
«Al momento mancano i bandi delle Autorità di Sistema Portuale. Per il cold ironing sono stati stanziati 305 milioni con la rimodulazione del PNRR, tuttavia soltanto alcuni porti hanno dei progetti già in corso o hanno emanato il bando per rendere effettivo il servizio portuale di fornitura elettrica in banchina, anche per via della difficoltà tecnica di realizzazione di questo tipo di tecnologie, peraltro non uniformi per tutte le tipologie di imbarcazioni».

Che ruolo può giocare l’Italia nel rafforzamento del collegamento tra Mediterraneo e cuore dell’Europa, in chiave economica e geopolitica?
«L’Italia con il governo di Giorgia Meloni sta restituendo al Mediterraneo la sua centralità, come certificano i progressi relativi alla realizzazione del Piano Mattei, che quest’anno ha visto allargare la platea dei soggetti coinvolti e il rafforzamento della collaborazione con l’Unione Europea nell’ambito del Global Gateway, e che tra i tanti progetti prevede anche lo sviluppo del Corridoio meridionale dell’Idrogeno (SouthH2 Corridor) attraverso la costruzione di un’infrastruttura per il trasporto dell’idrogeno verde dal Nord Africa all’Europa, con l’Italia in posizione di hub energetico. Stiamo inoltre lavorando per eliminare quegli ostacoli come il sistema ETS che penalizzano ingiustamente l’intero settore dei trasporti italiani – specialmente da e verso le isole – favorendo al contempo gli attori economici non appartenenti all’Ue».

Il settore aereo sta vivendo una fase di trasformazione. Qual è la sua posizione sul ruolo degli aeroporti regionali e sulla connettività territoriale?
«Da sardo non posso che esaltare il ruolo degli aeroporti nell’ambito del principio costituzionale di continuità territoriale, in quanto spesso sono l’unica vera soluzione per poter collegare le zone periferiche – in primis le isole – ed il resto d’Italia. Inoltre, visti i sempre maggiori volumi del traffico aereo, ritengo che implementare anche gli aeroporti minori sia strategicamente la mossa giusta per non sovraccaricare gli aeroporti principali e connettere le varie zone d’Italia meglio di quanto possa il trasporto su ferro o gomma, che vede nel mare e nelle tante montagne del territorio italiano un ostacolo non da poco».

Si parla spesso di riequilibrio tra grandi hub e scali minori. Qual è la visione per garantire accessibilità e competitività in tutte le aree del Paese?
«Il governo ha già elaborato una bozza interessante di Piano Nazionale Aeroporti, proprio per far convivere in una stessa regione gli hub principali con gli scali minori. Certamente bisogna differenziare l’offerta, per il cittadino e per le merci, per non alimentare nella stessa regione una concorrenza dannosa, anche perché oggi il mercato aereo offre diverse possibilità di offerta e di servizi per il cittadino e le aziende. Grande importanza hanno la concertazione e la collaborazione tra i vari attori coinvolti, nonché la creazione di quelle infrastrutture sia ferroviarie che stradali che permettano una mobilità agevole».

Il TPL è essenziale per la mobilità urbana e la riduzione del traffico. Come si stanno orientando le politiche di sostegno al TPL, anche in vista della transizione ecologica?
«Tanti sono gli ambiti di intervento: dal rinnovo del parco automezzi, all’infrastrutturazione necessaria per implementare l’utilizzo delle vetture elettriche, all’aumento di aeree pedonali e ciclabili. Anche in questo caso, l’approccio da seguire non deve essere quello ideologico: se è vero che il TPL è fondamentale, la sua incentivazione non può ricadere pesantemente su quel ceto medio che vive nelle periferie o nelle città vicine a quella del luogo di lavoro e che, a furia di ZTL, aree pedonali o parcheggi limitati, si vede costretto a scegliere tra pagare di tasca costi spropositati o fare viaggi infiniti».