Esteri
Tregua, c’è una sola voce del padrone. Trump deve fare i conti con gli Arabi
Domenica 19 ottobre, dopo un paio di approcci piuttosto sereni, Zelensky è andato a Washington da Trump non con la lista della spesa, ma con una richiesta precisa: i missili da crociera Tomahawk, che hanno una gittata di oltre 2000 km e la capacità di volare bassi eludendo i radar. La richiesta non era peregrina, visto che nella notte tra domenica e lunedì le forze ucraine, attaccando in profondità, hanno creato seri problemi alla Russia, distruggendo un deposito di droni. Abbiamo già esaminato il problema armamenti per l’Ucraina, che ha portato alla considerazione che se Kyiv avesse avuto le tecnologie che usa Israele, avrebbe già vinto la guerra almeno da un anno. Allora ci si chiede perché gli Usa non la mettono in condizioni di farlo, escludendo definitivamente l’Europa.
I Paesi del Vecchio Continente, in ordine sparso, stanno tentando di sostenere l’Ucraina, ma non riescono a coordinarsi con gli USA, mentre si disinteressano quasi del conflitto in Medio oriente, ad eccezione della Francia, che però va assumendo posizioni improvvide, come per esempio il riconoscimento della Palestina “a scatola chiusa”. Gli USA, invece, hanno una posizione più ferma e risoluta, tanto da aver costretto il fronte sciita sulla difensiva. Non tutte le variabili, però, sono a posto e perciò la tregua, raggiunta faticosamente, vacilla a causa di un proditorio attacco terroristico vicino Rafah, dove sono morti due soldati israeliani. Trump aveva fretta di giungere a un “cessate il fuoco”, operazione in cui ha coinvolto mezzo mondo, trascurando le cosiddette “usanze” del posto e il “galateo” che vige da quelle parti. Anche lui, come Netanyahu e i suoi scriteriati ministri, non ha afferrato il concetto che l’Arabo deve avere l’ultima parola e non accetta di essere comandato neanche dai suoi “sodali”; Trump non ha considerato, inoltre, che l’organizzazione sociale nella Striscia è “per tribù”, dove comanda la più forte che, in genere, lascia vivere anche i più deboli, dopo averne eliminato i capi. L’attacco perciò, con molta probabilità, non è stato sferrato da Hamas, ma da qualche “bandito locale” che cerca visibilità. Il Primo ministro israeliano ha reagito con durezza chiudendo di nuovo i valichi ai camion “umanitari” e attirandosi altri strali (come se non bastassero quelli che già piovono).
Qualcuno dice che la reazione di Trump è stata furiosa e che ne ha fatto le spese anche il Presidente ucraino (che si è visto negare i missili). Il Presidente americano, senza tergiversare, ha ordinato a Netanyahu di riaprire i valichi e di cessare il fuoco, ricevendo un assenso immediato. Questo significa che è in funzione il concetto legato al vecchio giradischi con il vinile: c’è una sola “voce del padrone”, che sta lontana ma si fa sentire. Trump ha inviato immediatamente i suoi emissari da lui delegati ed anche il vice presidente J.D. Vance, perché la tregua fin qui “imposta” non può naufragare. Come si è già avuto modo di osservare, Trump dovrebbe capire che bisogna assegnare un ruolo ad Hamas e riconoscergli un embrione di stato senza mischiarlo con l’altro stato che dovrebbe sorgere in Cisgiordania. La stanca litania “due popoli due stati” non ha funzionato sin qui ed è un orpello obiettivo che dovrebbe essere sostituito con “uno stato a Gaza”, perché il riconoscimento ufficiale dovrebbe pure portare all’obbligo di indossare una divisa sul campo di battaglia. Qui serve l’autorevole “voce del padrone”, perché è stato dimostrato che è l’unica in grado di essere ascoltata da tutti e, tra l’altro, non si deve far arrivare gli USA alla conclusione che è meglio abbandonare il campo.
Ricordiamo sommessamente al Presidente Trump che il disimpegno dall’Afghanistan, oltre a riportare i talebani al governo, ha dato il via alla guerra Ucraina. Qatar, Egitto, Giordania ed Arabia Saudita ascoltano gli Usa e, in più, gli Houthi hanno commesso un altro passo falso arrestando venti funzionari ONU. Trump dovrebbe considerare, infine, che i ricchi contratti che si è portato indietro sono soggetti al mutevole umore degli Arabi che sono abituati a stracciare i patti prima di firmarli.
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