Melillo sposa il trojan: “Stretta intercettazioni mina indagini e lotta alla mafia”, ma la legge dice altro…

Deriva dall’antica storia greca dell’ingannevole Cavallo di Troia che portò alla caduta della città di Troia il termine trojan. Dell’uso e dell’abuso dello strumento per intercettare si èscritto e detto molto. Ma una domanda si insinua prepotente: prima di questo strumento, pericolosissimo, e quindi prima delle intercettazioni le forze di Polizia come indagavano? Perché pare che senza l’occhio, e le orecchie, della Procura nella vita della gente tutti i criminali siano imprendibili. La pensa così anche il numero uno dell’Antimafia nazionale Giovanni Melillo. Limitare l’utilizzo (indiscriminato, perché oggi di questo parliamo) minerebbe la lotta alla mafia e non permetterebbe svolte significative nelle indagini. “

Da procuratore nazionale antimafia io ho il dovere di dire che ridurre la possibilità dell’uso del trojan nei reati contro la pubblica amministrazione minerebbe anche le indagini sulla criminalità organizzata – ha spiegato Melillo intervenendo nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul tema delle intercettazioni in Commissione Giustizia del Senato – Molte di esse, soprattutto quelle riferite alle componenti più sofisticate del ciclo mafioso, che si occupano di riciclaggio, nascono dalle indagini sulla pubblica amministrazione. E non è certo un caso che vengano sciolti comuni, città, capoluoghi di provincia. In provincia di Napoli c’è una città di oltre 60mila abitanti i cui organi elettivi sono stati sciolti quattro volte in trent’anni”. E ancora: “È del tutto evidente che non stiamo parlando di un uso incontrollato. Io sto anche provando a sostenere che alcune funzioni del trojan – ha aggiunto il procuratore – devono essere richiamate nell’alveo della disciplina delle intercettazioni e lì ricevere la disciplina più rigorosa della destinazione, di tutto ciò che è irrilevante e inutilizzabile, verso l’archivio delle intercettazioni”.

Sì, ma oggi la Procura scrive e porta in tribunale tutto, ogni singola parola, parole spesso inutili ai fini dell’indagine o della condanna e utilissime invece a infangare e creare un po’ di gossip attorno all’intercettato. E quindi sì la disciplina, le regole, ma c’è un problema a monte: intercettare indistintamente per vedere se scopro un reato. Non è così che si indaga. O almeno non è così che si dovrebbe indagare. Il trojan, una volta installato di nascosto chiaramente sul telefonino o sul pc della persona sottoposta a intercettazione, permette di acquisire il pieno controllo del dispositivo e di effettuare intercettazioni ambientali attivando da remoto la fotocamera o il microfono di PC o il cellulare. Praticamente si viene catapultati in un Grande Fratello. E poco importa se la tua vita privata finisce in mano a centinaia di persone.

E se poi il reato non c’è? Chi paga? Di chi è la colpa? Se si scopre che un cittadino è stato spiato e intercettato per mesi ma non ha fatto nulla? Perché la legge, in Italia, dice una cosa ben precisa: di regola, l’intercettazione può essere disposta dal pubblico ministero solo a seguito di autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, che provvede con decreto motivato, solo quando vi siano gravi indizi di reato e sia assolutamente indispensabile per la prosecuzione delle indagini. La Cassazione, invece, con la sentenza n. 26889 del 28/04/2016 (la c.s. “Sentenza Scurato”) ha stabilito che l’uso del captatore informatico, al fine di intercettare le conversazioni tra presenti, è consentito esclusivamente per i reati di criminalità organizzata. Siamo certi che si intercetta solo quando ci sono questi due presupposti fondamentali? La storia ci dice proprio di no. Anzi. C’è sempre una grave indizio quando si inizia a spiare? No. Sono tutti mafiosi o possibili mafiosi quelli che la Procura intercetta? No. Dire quindi che una stretta sull’utilizzo del trojan minerebbe le indagini, tutte, è pericoloso. Almeno quanto il trojan, perché fa passare il messaggio che intercettare è sempre concesso e anzi è sempre indispensabile. E al diavolo la privacy e i diritti dei cittadini…