A Sharm el-Sheikh cresce l’ottimismo. L’arrivo dei due massimi inviati statunitensi, Jared Kushner (genero di Donald Trump) e Steve Witkoff, è coinciso con le indiscrezioni legate a una possibile accelerazione, se non una vera e propria svolta, del negoziato.

Il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan già nella serata di ieri parlava di un imminente cessate il fuoco. E qualcuno, in Israele, ha iniziato anche a progettare una visita del presidente degli Stati Uniti, qualora dovesse essere raggiunto l’accordo Uno scenario, quello di un viaggio del tycoon nella regione, confermato anche dalle parole del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, che ha invitato Trump e affermato che “un cessate il fuoco, il ritorno dei prigionieri e dei detenuti, la ricostruzione di Gaza e l’avvio di un processo politico pacifico che porti alla creazione e al riconoscimento dello Stato palestinese significano che siamo sulla strada giusta verso una pace e una stabilità durature”.

L’impressione è che qualcosa, in effetti, sia cambiato. Rispetto al gelo delle prime ore, anche il Jihad islamico e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina si sono uniti ai colloqui per coordinarsi con Hamas. E nel frattempo sono stati avviati due distinti canali di dialogo. Uno interamente palestinese, uno, invece, gestito da Egitto e Qatar, che fanno da ponte tra Hamas e Israele, con gli Stati Uniti a fare da garanti e da motori del processo. Le distanze restano, e lo hanno chiarito anche i funzionari che in queste ore stanno parlando con i media arabi. Ma su entrambi i lati, la spinta per un accordo inizia a essere sempre più alta.

In Israele, il presidente Isaac Herzog, partecipando a una commemorazione per le vittime del 7 ottobre 2023, ha dichiarato che “c’è la chiara consapevolezza che ci troviamo di fronte a opportunità storiche che non dobbiamo perdere”. Hamas, in una nota, ha detto di avere “dimostrato la positività e la responsabilità necessarie per raggiungere i progressi richiesti e concludere l’accordo”. E a questo punto, la speranza di tutte le parti coinvolte (e dei cittadini israeliani così come devi civili di Gaza) è che l’intesa possa essere raggiunta anche entro la settimana. Quantomeno per la prima fase che prevede il rilascio degli ostaggi, lo scambio con i detenuti palestinesi e il ritiro delle Israel defense forces dalla Striscia di Gaza.

Secondo quanto trapela da Sharm el-Sheikh, Hamas avrebbe anche consegnato una lista dei prigionieri da rilasciare. Taher al-Nunu, esponente della milizia, ha parlato ieri di uno “scambio” dei nomi dei prigionieri, perché tali per Hamas sono anche gli ostaggi catturati il 7 ottobre 2023. Ma se per lo Stato ebraico i nomi sono quelli di sempre, e cioè quelli dei rapiti, sia vivi che morti, che devono tornare a casa, la partita si gioca sui circa duemila detenuti palestinesi che dovrebbero lasciare le carceri di Israele.

Hamas e le altre fazioni hanno richiesto nomi particolarmente importanti, su tutti quello di Marwan Barghouti, in prigione dal 2002. Ma su questo punto, secondo i media israeliani, lo Stato ebraico avrebbe posto un veto sia per il rischio che l’estrema destra possa uscire dalla maggioranza, sia per non offrire ad Hamas la possibilità di mostrarsi come forza in grado di liberare persone condannate a diversi ergastoli per terrorismo e nomi eccellenti delle varie fazioni palestinesi. Addirittura, un potenziale leader dell’Autorità nazionale come potrebbe essere Barghouti.

L’altra partita è poi quella del ritiro dell’Idf, con Hamas che vorrebbe la fine della presenza dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza (oltre a “garanzie internazionali scritte”, come suggerito dal Qatar, sul fatto che lo Stato ebraico non riprenda la guerra). Finora, il governo di Netanyahu è apparso disponibile al ritiro parziale delle proprie truppe, senza però cedere sull’abbandono totale della regione palestinese. Ma un funzionario israeliano ha rivelato ad Al Arabiya che le trattative hanno riguardato anche la possibile modifica della mappa del ritiro rispetto a quella pubblicata da Trump sui social.