“Abbiamo parlato molto di missili, armi nucleari, abbiamo parlato davvero di molte cose”: così Donald Trump cerca di calmare le acque dopo l’incontro con il presidente cinese Xi Jinping perché l’unico elemento clamoroso emerso dal vertice (i due si sono messi d’accordo su tutto, dalle terre rare ai dazi alla soja) riguarda il riarmo nucleare. Trump ha detto: “Bisogna andare verso la distruzione delle armi nucleari. Noi americani siamo i primi per armamenti, poi vengono i russi e per terzi i cinesi anche se la Cina ha bisogno ancora di cinque anni per diventare una vera potenza. Noi vogliamo denuclearizzare il mondo. Ma per poterlo fare, bisogna fermare la guerra”. Non ha detto quale guerra, ma era evidente che si riferisse a quella della Russia contro l’Ucraina. E dunque è evidente che fra “le tante cose di cui abbiamo parlato” Donald Trump abbia discusso con il presidente cinese di Ucraina, di Russia e di Taiwan.
La telefonata tra Trump e Putin. Gli USA riprendono gli esperimenti nucleari?
Subito prima di partire per Seul, Trump si era detto ottimista: “Sono stato al telefono con Putin per due ore e mezzo e la mia impressione è che anche lui stia rendendosi conto di quanto sia dannoso andare avanti con una guerra che è solo una raccapricciante macelleria di uomini”. Parole di “appeasement” alle quali la Cina non ha corrisposto con in maniera ottimistica a causa di un punto che Trump ha citato come dettaglio, ma che dettaglio non è. Il punto controverso è il programma, annunciato da Trump, di rimettere le mani sull’intero arsenale nucleare degli Stati Uniti per “testarlo”. Trump non ha parlato di esplosioni nucleari sotterranee, ma ha accennato alla necessità di verificare lo stato di funzionamento delle armi. Ma la sola ipotesi, peraltro non dichiarata, di poter riprendere esperimenti nucleari che in tutto il mondo sono stati sospesi dagli anni Novanta ha causato un terremoto fra i media e le cancellerie. L’effetto del terremoto era stato ovviamente calcolato da Trump, parlando dallo Studio Ovale pieno di giornalisti con l’aria di uno che “ha le carte”.
La risposta di Putin e il nuovo missile a propulsione nucleare
La risposta è venuta da Vladimir Putin, in uniforme militare mimetica dopo aver visitato i soldati feriti nell’ospedale del ministero della Difesa, ai quali ha assicurato che la vittoria è vicina. Poi, da uno studio del ministero della Difesa circondato da generali in mimetica, ha annunciato al mondo intero che è nato un nuovo micidiale, insuperabile missile da crociera a propulsione nucleare che si chiama Burevestnik. È stato per ora soltanto fatto volare ma non è ancora in produzione. È però una minaccia. Assicura Putin che si tratta di un’arma capace di percorrere 12 mila chilometri in 10 ore e colpire il bersaglio con precisione millimetrica. Essendo il primo missile a propulsione nucleare, il Burevestnik può restare in volo per mesi sfuggendo ai radar e portando con sé sei testate nucleari indipendenti. Qualche giorno prima era stata annunciata la nascita di un siluro nucleare lungo 20 metri capace di provocare uno tsunami alto 500 metri che potrebbe spazzare via le isole britanniche. Questi annunci del presidente russo non hanno suscitato proteste nel mondo antioccidentale, che invece è molto in ansia per gli eventuali test nucleari americani.
Terre rare e Dazi, tutto sistemato. Irrigidimento sul Donbass
Dunque, la situazione ad oggi sembra questa: tutto sistemato per quanto riguarda la controversia su dazi e terre rare fra Cina e Stati Uniti. Gli agricoltori del Midwest venderanno tonnellate di soja ai cinesi, facendo un ottimo business. Non una parola sulla questione di Taiwan di cui si è discusso certamente (“abbiamo parlato di tutto, veramente di tutto”), irritazione per i test con cui Trump sottoporre le sue armi nucleari, irrigidimento, infine, della posizione russa sul teatro di guerra del Donbass, dove Mosca seguita ad annunciare da un anno la conquista di Pokrovsk, regolarmente smentita. Putin ha dichiarato che il presidente ucraino Zelensky ha la l’opportunità di arrendersi e mettere in salvo i suoi soldati dichiarandosi sconfitto. Zelensky si è allora rivolto a Trump in questi termini: “Il Presidente Trump dovrebbe farci sapere se a novembre intende rifornirci delle armi promesse, oppure se dobbiamo prepararci a non esistere più come Stato sovrano. Vorremmo essere preparati”.
Trump può sacrificare l’Ucraina
L’intrico delle posizioni e delle dichiarazioni è fuorviante ma l’opinione generale degli osservatori è che Trump intenda sacrificare l’Ucraina per ricostruire l’asse commerciale con la Russia, che così potrebbe liberarsi della pesante tutela della Cina che resterebbe solata e senza petrolio. L’accordo sui dazi stipulato fra Usa e Cina vale un solo anno, il che significa che tutto è ancora possibile. Quanto all’Europa con il Regno Unito è ancora decisa a non darla vinta ai russi per una questione di principio: dopo Hitler e Stalin non sembrava più possibile che uno Stato europeo aggredisse un altro Stato vicino per annetterselo. Ma l’Europa non ha ancora armi sufficiente e sembra poco credibile l’annunciata decisione di Macron di spedire duemila soldati francesi in Ucraina, giusto per vedere quale sarebbe la reazione russa.
