America First
Trump gela l’Europa: “La civiltà rischia di sparire, prenda il controllo della Nato entro il 2027 o sarà irriconoscibile tra 20 anni”
Gli Stati Uniti cambiano traiettoria. Niente più multilateralismo, come voleva Bill Clinton. Niente più “nation-building” nel mondo, come suggerivano le guerre di George W. Bush. Niente più guerre “infinite” o il “pivot to Asia” di Barack Obama. Netto allontanamento dall’alleanza con l’Europa, come invece sperava Joe Biden. Gli Usa di Donald Trump saranno un’altra cosa. E il mondo, ora, deve capire quali saranno le conseguenze di queste scelte. L’ultima strategia di sicurezza nazionale pubblicata dalla Casa Bianca getta infatti una nuova luce sulle idee di Trump riguardo l’impegno di Washington quale superpotenza globale. Il presidente Usa ha voluto ribadire il concetto dell’“America First” che lo ha fatto tornare nello Studio Ovale. Ma questa volta, c’è qualcosa di diverso. Questa volta non c’è solo l’America intesa come Stati Uniti, ma America intesa come intero continente.
Uno dei capisaldi di questa nuova dottrina strategica è infatti un esplicito ritorno alla Dottrina Monroe, quella che implica l’idea di vedere nell’America Latina una sorta di “cortile di casa” di Washington. Trump vuole che i suoi Stati Uniti siano proiettati, infatti, sulla propria dimensione regionale, su cui deve esserci completo dominio. E in generale, quello che traspare anche dal modo di esprimersi di questo documento, è che The Donald vede nel Sud e nell’America centrale il primo pilastro della sicurezza nazionale americana. Sia sul piano economico che politico sia su quello che più interessa il tycoon, e cioè il fenomeno migratorio. Che questo ritorno alla Dottrina Monroe e al focus sul cosiddetto “Emisfero occidentale” arrivi in piena fase di tensioni con il Venezuela di Nicolás Maduro non è certo un caso. Ma in questa svolta rientra anche la volontà del presidente statunitense di ribadire la sua netta chiusura verso i flussi migratori provenienti dai Paesi latinoamericani. Un tema centrale per la sua prossima campagna di mid-term ma anche un elemento su cui si giocheranno le prossime elezioni presidenziali.
Le migrazioni, del resto, sono anche al centro della sua critica nei confronti dell’Europa. Un continente che Trump, in questo documento, considera ancora fondamentale ma estremamente “a rischio”. “Se le tendenze attuali continueranno” il Vecchio Continente “sarà irriconoscibile tra 20 anni o meno” afferma Trump nella prefazione al documento strategico. Il pericolo, secondo il presidente degli Stati Uniti, è quello di una vera e propria “scomparsa della civiltà” in Europa. E queste picconate di Trump, tra un’Unione europea ritenuta fin troppo rigida nei suoi regolamenti, l’inverno demografico, il mancato controllo dell’immigrazione e l’impoverimento della sua popolazione, sono arrivate nelle stesse ore in cui la Reuters ha svelato l’idea dei funzionari Usa nei riguardi della Nato. A detta di alcuni funzionari del Pentagono e del Dipartimento di Stato, gli Stati Uniti vorrebbero infatti vedere già entro il 2027 una Nato sostanzialmente a guida europea. Secondo Washington, il Vecchio Continente dovrebbe farsi carico entro due anni della maggior parte delle capacità convenzionali dell’Alleanza. E se da Capitol Hill, molti rappresentanti Usa hanno storto il naso di fronte a questo ennesimo colpo all’unità del blocco occidentale, altri, specialmente nel mondo “Maga” potrebbero essere sollevati da questo ulteriore momento di pressione nei riguardi degli alleati europei.
Gli Stati Uniti, del resto, non vogliono più essere i “poliziotti del mondo”. E il documento strategico a firma Trump è apparso chiaro. “Gli Stati Uniti respingono il concetto fallimentare di dominio globale”, si legge, anche se questo non significa non limitare le altre potenze, ma farlo senza “sprecare sangue e denaro”. E se l’Europa deve badare a sé stessa, lo stesso messaggio è stato mandato anche all’Estremo Oriente, dove Trump sembra abbandonare definitivamente l’idea del “pivot to Asia” per far capire che saranno le potenze locali a doversi fare carico della tutela di un ordine che The Donald considera essenziale ma non prioritario. Anche su un tema delicato come Taiwan. Lo stesso vale per il Medio Oriente, dove Trump sembra convinto che sia arrivata una stagione di pace e dove il disinteresse Usa corre parallelo anche al cambiamento della politica energetica di Washington. Mentre per l’Africa, il discorso della Casa Bianca appare molto semplice: non più aiuti, non più l’obiettivo di modificare le politiche locali sostenendo le svolte democratiche, ma solo scambi commerciali.
© Riproduzione riservata







