Tunisia brutale con i migranti, nell’intesa con Italia e Unione Europea va aggiunta una clausola: quella sui diritti umani

Foto Filippo Attili/Palazzo Chigi/LaPresse 17 aprile 2024 Tunisi (Tunisia) Politica - Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in visita nella Repubblica Tunisina. Nella foto: Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni con il Presidente della Tunisia Kais Saied DISTRIBUTION FREE OF CHARGE - NOT FOR SALE - Obbligatorio citare la fonte LaPresse/Palazzo Chigi/Filippo Attili

Tunisia e Italia vantano un consolidato rapporto di partenariato, rafforzatosi dopo che a giugno e a luglio 2023 Giorgia Meloni e Ursula Von der Leyen compirono due missioni congiunte a Tunisi dal Presidente Kais Saied, firmando con lui una serie di intese in materia economica e migratoria del valore di circa 250 milioni di euro.

Il governo italiano ha avuto il merito di realizzare una sinergia con la Commissione Ue, rendendo quindi più efficaci le iniziative a sostegno dell’economia tunisina: esse riguardano oggi l’efficienza energetica, l’agricoltura, la gestione delle acque interne, l’istruzione, oltre ad un supporto al bilancio tunisino da parte della Unione Europea. In cambio di questi notevoli interventi, Roma e Bruxelles hanno chiesto al rais di Tunisi, con un apposito Memorandum, piena collaborazione in materia di flussi migratori e contro le reti che gestiscono la tratta degli esseri umani, al fine di limitare al massimo gli arrivi di clandestini in partenza dalle coste tunisine verso l’Europa, e in particolare verso Lampedusa e gli altri approdi italiani.

In base a questo do ut des, la Tunisia è poi diventata nei giorni scorsi uno dei nove Paesi prioritari del Piano Mattei, fruendo ampiamente sia dei fondi della Cooperazione italiana, sia di quelli del Fondo italiano per il Clima, cioè i due maggiori serbatoi finanziari dello stesso Piano Mattei, lanciato durante il primo Summit Italia-Africa, svoltosi a Roma nel gennaio 2024. La Tunisia, peraltro, era già in precedenza anche Paese partner e co-fondatore del Processo di Roma su sviluppo e migrazioni, lanciato a Roma nel luglio 2023 in un altro specifico Summit, a cui parteciparono circa 20 Paesi delle aree del Mediterraneo, Africa sub-sahariana e Medio Oriente, rivolto ancora più esplicitamente al contenimento delle migrazioni irregolari. Questo in parallelo all’avvio di nuovi investimenti nei Paesi di origine e transito dei flussi migratori verso l’Europa e l’Italia, con un intreccio piuttosto ingarbugliato di finanziamenti fra lo stesso Processo di Roma, il Piano Mattei, il Global Gateway europeo ed altri fondi di provenienza emiratina (circa 100 milioni di euro).

Questa serie di iniziative ha dimostrato nei fatti di funzionare, considerati da un lato i numerosi progetti italiani ed europei avviati concretamente in territorio tunisino e, dall’altro, la consistente riduzione dei flussi migratori in arrivo dalla Tunisia: secondo l’agenzia europea Frontex, nel 2024 ci sono stati 67 mila attraversamenti del Mediterraneo centrale provenienti da Libia e Tunisia, contro i 158 mila del 2023, un calo di circa il 60%. Siamo quindi in presenza di un esempio totalmente vincente di cooperazione triangolare fra Tunisi, Roma e Bruxelles? Non esattamente. Sulla strada della Tunisia fa capolino un altro Mattei: giornalista e documentarista italiano. Si chiama Davide Mattei e, con un suo collega francese (Julien Goudichaud), ha realizzato per il network televisivo franco-tedesco ARTE, alla fine di giugno, un documentario di venti minuti sulle brutalità a cui vengono sottoposti i migranti sub-sahariani in Tunisia da parte delle locali forze di sicurezza. Il documentario, intitolato Tunisia, l’inferno degli esiliati, è stato ritrasmesso da importanti canali internazionali, come France24, RSI, TV5Monde, e Mattei si augura che possa essere mandato in onda anche in Italia.

Pur non rivelando aspetti sensazionali, visto che da tempo si parla di una palese inosservanza dei diritti umani dei migranti in Libia e in Tunisia, il documentario mostra, per la prima volta, immagini piuttosto raccapriccianti dei metodi adottati dalle forze dell’ordine e dalla guardia costiera tunisina per impedire l’attraversamento del Mediterraneo e respingere i clandestini sub-sahariani verso il deserto algerino, abbandonandoli al proprio destino. Speronamenti in mare delle fragili imbarcazioni con i clandestini a bordo, inclusi minori e bambini; mancato soccorso in mare; deportazioni notturne dei migranti africani con autobus appositi ai confini del deserto algerino; distruzioni coatte dei pochi campi di raccolta auto-gestiti dagli irregolari in territorio tunisino; privazione di acqua, cibo e cure mediche; assenza di servizi igienici di qualsiasi tipo. Queste e altre scene “forti” sono al centro del reportage di ARTE, a cura dell’“altro” Mattei, il quale, con il suo collega francese, ha dovuto fingersi un turista per poter realizzare il reportage, comunque privo di toni sensazionalistici e basato sulla sola forza oggettiva delle immagini.

Viene quindi da chiedersi: ferme restando la priorità del contenimento dei flussi migratori e la collaborazione a tutto campo avviata con la Tunisia dall’Italia e dall’Ue, per Bruxelles e per Roma non sarebbe possibile pretendere dal Governo tunisino, in linea con le loro tradizioni giuridiche, con i loro principi e valori fondanti, e in ragione dei cospicui finanziamenti a sostegno della pericolante economia del Paese, un minimo di attenzione in più sul fronte del rispetto delle persone e dei fondamentali diritti umani dei migranti africani? Oppure il controllo dei flussi migratori deve sempre accompagnarsi con le brutalità già ampiamente sperimentate con la Libia del post Gheddafi?
È la stessa domanda che il documentarista Mattei ha fatto, in conclusione del suo reportage, alla Commissaria Ue per il Mediterraneo, la croata Dubravka Šuica, ricevendo però in risposta solo poche frasi vaghe e imbarazzate.