Ultimatum di Renzi a Conte: le richieste di Italia Viva per restare nel governo

In una giornata segnata dalle forti polemiche sollevate dall’opposizione sulla gestione dell’emergenza Coronavirus, dopo i nuovi casi in Italia, sei in Lombardia, resta altissima la tensione tra Matteo Renzi e gli altri partiti della maggioranza. Con un post su Facebook il leader di Iv detta le sue condizioni a Giuseppe Conte, scandendo una sorta di ultimatum al presidente del Consiglio, in vista del faccia a faccia che dovrebbe tenersi mercoledì, segnale che anche la “febbre” nel termometro del governo non accenna a scendere.

I “grandi temi” su cui Renzi verificherebbe le condizioni di un “compromesso” con il premier sono quattro: sblocco dei cantieri, eliminazione o revisione del reddito di cittadinanza, modificare le norme sulla prescrizione (per una “giustizia giusta”), e avviare la riforma della Costituzione per introdurre l’elezione diretta del presidente del Consiglio. «Se il premier riterrà che su queste cose si possa trovare un buon compromesso, noi ci saremo – scandisce Renzi -. Se il premier riterrà di respingere le nostre idee, faremo senza polemiche un passo indietro, magari a beneficio dei cosiddetti responsabili».

Tra i “Vivaci” resta forte la convinzione che Conte non abbia i numeri per costruirsi una “stampella” di responsabili in Parlamento per poter essere autosufficiente senza i 48 senatori e deputati renziani. Chiaramente Renzi si rende conto di come i margini di trattativa si stiano facendo sempre più stretti e prepara comunque il terreno per un’eventuale rottura. Si vedrà la prossima settimana quando, una volta vis a vis, i due protagonisti – Conte e Renzi – potranno avere l’occasione di giocare a carte scoperte, se decideranno di farlo, in una partita molto delicata, all’ombra della quale si cela anche il grande Risiko delle nomine di Stato in scadenza a partire dalle prossime settimane.

Appare comunque chiaro che il progetto di Renzi è quello di addossare la responsabilità dell’eventuale crisi al Premier. Conte ha già annunciato di venire ad illustrare in Parlamento, mercoledì 4 marzo, l’agenda 2023 del Governo. Un’agenda che segna, nero su bianco, la volontà di Palazzo Chigi, d’intesa con il Quirinale, di tirare avanti fino a fine legislatura, costi quel che costi. L’atteso incontro tra il presidente del Consiglio e il leader di Iv dovrebbe tenersi prima, a metà della settimana prossima. In modo tale da consentire a Conte di presentarsi alle Camere con un discorso dal taglio definito, sia esso di consolidamento dell’intesa o di rilancio per un Conte Ter.

La metà della settimana prossima capiremo. Anche perché a seconda della composizione del tavolo, l’incontro può assumere da subito l’uno o l’altro sapore. Se si dovesse trattare di un faccia a faccia tra Renzi e Conte, l’aria rischia di essere da Mezzogiorno di fuoco. Se Renzi fosse accompagnato da Maria Elena Boschi, che guida i falchi pronti a lasciare la maggioranza, l’incontro andrebbe in tal senso. Se al tavolo vi fossero il coordinatore nazionale di Iv, Ettore Rosato, e il capo delegazione al governo, Teresa Bellanova, potrebbe preludere a una riconciliazione. Il disegno renziano è quello di attribuire a Conte la responsabilità dell’eventuale crisi. E a questo proposito – ragionano i suoi – bisogna vedere il peso che sarà dato ai Sì e ai No.

Sulle quattro questioni, due sono bandiere del M5S e dunque cardini dell’asse giallorosso di governo. La terza, la Grande Riforma istituzionale, è – come avrebbe detto De Gaulle – “un vaste programme”. Certamente sullo sblocco dei cantieri, una misura-chiave per la crescita, l’accordo si potrebbe trovare. E di fatto è su quest’ultimo punto che Italia Viva batte, nelle ultime ore. Ha indetto una conferenza stampa ad hoc, a Palazzo Madama. E disposto tutta l’artiglieria sui temi economici. Sui quali peraltro incassa consensi bipartisan. Il Pd è intento alla riorganizzazione interna, con la nuova segreteria ecumenica che include e valorizza gli ex fedelissimi di Renzi di Base Riformista.

Dal Movimento, Stefano Buffagni tende un ramoscello d’ulivo: «Mi interessa lavorare con tutti i parlamentari di maggioranza e di opposizione per risolvere i problemi degli italiani», dice. Il Sindaco di Napoli, De Magistris, abbraccia il premierato: «Sindaco d’Italia? Se la proposta di Renzi va nella direzione di guardare a come funzionano le amministrazioni locali – ha aggiunto – ha tutto il mio sostegno».

E apre il leader leghista Matteo Salvini. «Su alcuni temi Renzi ha ragione: che la riforma della giustizia così come ideata non funziona, che bisogna aprire i cantieri, che il reddito di cittadinanza così come è stato strutturato non funziona. Se ha ragione su questi fronti però tolga la fiducia al governo», ribadisce Salvini. Il segretario leghista non sembra disposto ad abboccare all’esca lanciata da Renzi e di partecipare a un governo istituzionale di lungo respiro. Ma non chiude completamente la porta, fissando le sue condizioni, “stringenti”, a Renzi – con il quale continuerebbero i contatti diretti via messaggio: «Rimozione di Conte e voto anticipato a settembre, non oltre», viene riferito da fonti qualificate.

Intanto, scontato il fatto che votare prima del referendum sulla riforma che introduce il taglio dei parlamentari, in programma il 29 marzo, sarebbe una forzatura politica, il Colle evita di entrare nelle polemiche di questi giorni e attende gli eventi ufficiali. Se ci sarà una crisi di governo, difficilmente Sergio Mattarella concederà di sperimentare una nuova maggioranza politica. Certo, ci sarebbe comunque bisogno di un governo elettorale per gli adempimenti, dopo la consultazione referendaria, ma tale governo avrebbe l’unico scopo di portare il Paese al voto subito dopo l’estate e verrebbe messo in campo dal presidente in tempi rapidissimi.