L’Università italiana vive oggi un momento particolare, sospesa come è tra le conseguenze della crisi pandemica – che ha certamente contribuito alla modernizzazione della didattica ma che ha lasciato importanti strascichi, soprattutto psicologici – una serie di interventi riformatori e, non ultimo, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Quest’ultimo, nella Missione 4 (Istruzione e ricerca), prevede due diverse forme di intervento: la Componente 1 relativa al potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione – dagli asili nido alle università – e la Componente 2 sui rapporti tra ricerca e impresa.
Come affermato anche dalla European University Association, le Università hanno un ruolo centrale nello sviluppo socioeconomico del Paese, alla cui base sta, tra le altre cose, proprio l’interazione tra il mondo accademico e quello produttivo. A tal fine, il PNRR prevede cospicui investimenti e una serie di riforme volte a modificare o integrare la normativa relativa al sistema di orientamento, alle lauree abilitanti, all’istruzione tecnica superiore, alle classi di laurea ed ai dottorati di ricerca. Il Piano è dunque un mezzo per portare il sistema universitario ad incidere positivamente sullo sviluppo e sulla crescita economica del nostro Paese.

Per avere una idea di quanto è accaduto in questi due anni, basti pensare che per l’anno accademico 2022/2023, il MUR ha bandito 7.500 borse di dottorato a valere sul PNRR, di cui 5.000 per i dottorati innovativi industriali in cofinanziamento con le imprese. Per l’anno accademico 2023/2024 sono state bandite ben 18.770 borse. Di queste, 13.292 sono destinate ai dottorati innovativi finanziati al 50% dal MUR a valere sul PNRR ed al 50% da imprese, mentre le restanti 5.478 sono finanziate al 100% dal MUR a valere sul PNRR, con l’attivazione di programmi su tematiche riguardanti transizioni digitali e ambientali, ricerca PNRR, pubblica amministrazione e patrimonio culturale.

Le Università si sono di conseguenza trovate a gestire una dose massiccia di nuovi dottorati. Per fare un esempio, l’Università Statale di Milano, per l’anno 2022/2023, ha potuto beneficiare di 122 borse per dottorati che rispondano ai fabbisogni di innovazione delle imprese e di 53 borse per dottorati di ricerca sui temi del PNRR, su quelli dell’innovazione amministrativa e del patrimonio culturale e per dottorati in programmi dedicati alle transizioni digitali e ambientali. Per l’anno accademico successivo, in totale 458 borse. Si tratta, come è evidente, di uno sforzo economico immane che va sfruttato al meglio per creare rapporti duraturi con il mondo produttivo e offrire agli studenti occasioni preziose di alta formazione, sforzo che comporta un intenso lavoro da parte dei docenti e dei responsabili dei dottorati i quali – va detto – non sempre sono adeguatamente sostenuti dalla burocrazia universitaria, anch’essa da sempre sottodimensionata.

Un’altra importante novità che sta toccando il mondo universitario, riconducibile ai fondi di provenienza europea, è rappresentata dai grandi progetti di ricerca nazionali: si pensi al progetto MUSA (Multilayered Urban Sustainability Action), nato a settembre 2022 e della durata di 3 anni, che vede la collaborazione di Statale, Bicocca, Politecnico e Bocconi con 24 soggetti pubblici e privati. Si tratta di un investimento complessivo di 116 milioni di euro, di cui 110 milioni dal PNRR, che si prefigge di trasformare l’area metropolitana di Milano in un ecosistema dell’innovazione per la rigenerazione urbana e sociale, un grande progetto che, come dichiarato da Fabrizio Sala, vuole intervenire in modo concreto sulla sostenibilità ambientale, “dalla rigenerazione urbana alla condivisione dei dati nelle life sciences, dall’imprenditorialità alla finanza sostenibile, dalla inclusione sociale all’economia circolare”.

E, ancora, il progetto “ONFOODS – modelli di alimentazione sostenibile”, uno dei 14 partenariati estesi previsti dal PNNR. Coordinato dall’Università di Parma, con la partecipazione di altre università italiane – tra cui la Statale – il progetto ha una durata di 3 anni e riunisce 26 realtà pubbliche e private con l’obiettivo di definire nuovi modelli alimentari sostenibili, sicuri e salutari.

Per questo progetto è previsto un finanziamento di 114,5 milioni di euro, da impiegare in attività progettuali di ricerca fondamentale, industriale e di sviluppo sperimentale che possano portare valore alla filiera alimentare e alla comunità.
Innovazione didattica, ricerca, ristrutturazione della formazione professionale di terzo livello e molto altro ancora sono dunque settori di estrema importanza per il Paese, in cui sistema universitario sta svolgendo un ruolo decisivo ma che mette in luce anche alcune carenze importanti nell’organizzazione universitaria le quali possono anche rivelarsi degli ostacoli al rinnovamento delle nostre università e nell’attuazione di tutti questi ambiziosi programmi. È importante esserne coscienti e seguirne con attenzione gli sviluppi perché si possa davvero fare passi avanti nella modernizzazione dell’università per il bene dei nostri studenti e per quello del Paese.

Lorenza Violini

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