In Vaticano dietro i dossier di Striano c’è la guerra tra Ior e Segreteria di Stato

Nel florilegio di accessi “rubati” ai registri della Dna oltre a quelli degli arcinoti VIP ve ne sono una decina che riguardano nomi ignoti al grosso pubblico ma che sono stati protagonisti di un altro scandalo, quello culminato nel processo al Cardinale Becciu e ad altri otto cittadini italiani tutti condannati a pesanti pene per vari reati di peculato, estorsione e riciclaggio.

Un caso giudiziario ma va detto anche politico giacché come più volte sottolineato dai difensori e anche da organi di stampa internazionali e autorevoli giuristi esso investe i diritti di alcuni cittadini italiani privati senza colpa delle giuste garanzie costituzionali.

Di recente uno dei più autorevoli canonisti italiani, il prof. Paolo Cavana, ordinario della materia presso la prestigiosa università cattolica LUMSA, in un articolo sulla autorevolissima rivista Stato, Chiese e Pluralismo confessionale edita dall’Università Statale di Milano ha esposto una serie di dure critiche alle modalità di svolgimento del processo, sottolineando i limiti posti alle difese in ordine alla escussione di testi (tra cui lo stesso pontefice di cui è provata l’attiva presenza nei fatti oggetto della causa), accessi ai documenti (come quelli della commissione vaticana COSEA da cui sono state tratte prove d’accusa), modifiche procedurali sui diritti degli imputati (facoltà di arresto in mano alla pubblica accusa) introdotte solo ed esclusivamente per questo processo, inedite qualificazioni giuridiche di reati tratti dall’ordinamento canonico che può applicarsi solo ai membri della curia e dell’amministrazione della Santa Sede e non ai cittadini di stati esteri, come di fatto avvenuto.

A rendere più spinoso il caso, negli elenchi di soggetti oggetto delle presumibilmente illecite attenzioni del tenente Striano su cui sta indagando la procura di Perugia compaiono i nomi di Fabrizio Tirabassi, funzionario della segreteria di stato vaticana, dei finanzieri Raffaele Mincione e Gianluigi Torzi, della sedicente agente dei servizi Cecilia Marogna (tutti condannati) e dell’architetto Luciano Capaldo, consulente della segreteria e teste di spicco nel processo.

Nei confronti di costoro l’ufficiale, in servizio presso la DNA è accusato di avere effettuato diversi accessi tutti peraltro nel mese di luglio del 2019. Ciò costituisce un singolare aspetto: tutte le interrogazioni verso Tirabassi e gli altri coinvolti nella vicenda Becciu si sono verificate all’interno di una vera e propria guerra “segreta” dentro il Vaticano, che ha coinvolto il presidente dello IOR Gian Franco Mammì ed il Sostituto della Segreteria di Stato Edgar Pena Parra nell’estate del 2019 che ha costituito “lo sparo di Serajevo” dell’inchiesta. Proprio nel mese di luglio Mammì aveva presentato una denuncia lamentando presunte anomalie e irregolarità della richiesta di finanziamento del cardinale venezuelano Pena Parra, regolarmente autorizzata dal numero due della gerarchia vaticana, il segretario di Stato Pietro Parolin, ed in un primo tempo promessa per consentire l’acquisto di un immobile londinese detenuto in un fondo immobiliare in cui la Segreteria aveva investito un’ingente somma.

A sua volta, come diffusamente esposto in dibattimento, il sostituto Pena Parra aveva. incaricato un investigatore privato di assumere informazioni sulle vere ragioni dell’improvviso voltafaccia dello Ior. Su tale vicenda è in corso un’indagine condotta dal Promotore di Giustizia vaticano. Non è dato capire, ad oggi, i motivi dell’iniziativa attribuita a Striano visto che all’epoca i soggetti “attenzionati” erano ignoti alle cronache e che l’indagine sugli investimenti della segreteria di stato contro Becciu e gli altri era allo stato embrionale e priva di riscontri e si concluderà dopo due anni. Tuttavia, già il primo ottobre 2019, due mesi dopo gli accessi, un articolo dell’Espresso a firma di Emiliano Fittipaldi forniva una completa ed esauriente anteprima di un’indagine “annunciata” ma ancora di là da venire, con tutti i particolari salienti.

I contenuti dell’inchiesta giornalistica peraltro coincidono con la deposizione resa in gran segreto dalla lobbista Francesca Immacolata Chaouqui, ex membro della Cosea, sedicente amica del Papa lo stesso mese di ottobre che richiama documenti riservati della commissione pontificia in suo possesso e che mai verranno allegati agli atti nonostante le richieste della difesa. Fittipaldi si è avvalso del segreto professionale sulle fonti del suo lungo reportage. Chaouqui dal suo canto è stata denunciata da uno dei testi principali del processo (Mons. Perlasca, già dirigente dell’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato) per un tentativo di influenzarne la deposizione, millantando la donna suoi stretti contatti con gli organi inquirenti vaticani. Anche su tale fatto il Promotore Vaticano ha aperto un fascicolo ancora pendente.

La gelosa autonomia giudiziaria coltivata dal Vaticano ha impedito ogni approfondimento su profili della vicenda Becciu, che potevano costituire fonte d’imbarazzo per la giustizia vaticana: considerato che giunge notizia di un altro fascicolo aperto dagli inquirenti del Papa è da augurarsi che l’indagine di Perugia faccia luce su quelle ingerenze. Va ricordato che ci sono cittadini italiani che ad oggi lamentano inascoltati la violazione dei loro diritti da parte di uno Stato che da sempre di essi si è fatto paladino, almeno sulla carta.