Addio a Lina Wertmuller, fanciulla napoletana innamorata della città

Espresse il desiderio di avere la cittadinanza onoraria di Napoli durante la cerimonia al San Carlo per le premiazioni di Capri-Hollywood, il bel festival del cinema ideato da Pascal Vicedomini. Quando ne fummo informati, con il Sindaco e con il supporto di Umberto Zoccoli agimmo fulmineamente. La decisione e la cerimonia ufficiale furono attuate in tempi brevissimi. Ne fu sorpresa e si intenerì come non mai per questo desiderio così immediatamente esaudito. Maurizio De Giovanni, il nostro “Primo Cavaliere” tenne una laudatio memorabile. “Napoletani non si diventa, si nasce e lei modestamente lo nacque”. Questa geniale perifrasi di Toto’, che Maurizio escogitò per l’occasione, rese come meglio non si sarebbe potuto il senso della poetica cinematografica di Lina e del suo rapporto con Napoli.

Napoli come metafora di ogni viaggio e di ogni approdo. Napoli barocca e surreale. Piena di scale. Salite e discese. A perdifiato verso l’alto e anche nel sottosuolo. Dal dolore non si può fuggire. Però si può provare. Perciò raccontava le sue storie. Tenere aperta la porta. Perché le porte chiuse non servono a nulla. La tristezza non può uscire e l’allegria non può entrare. Come diceva Sepulveda. L’altro momento di tenerezza sopravvenne quando parlò di suo marito Enrico Job, che a Napoli era nato. Forse quella giornata particolare era come un chiudere un cerchio e ripiantare le sue memorie nelle comuni radici, dalle quali la parte più importante delle storia della loro vita “aveva preso vita”. Da Napoli. Dopo la cerimonia andammo a pranzo insieme. Volle fermarsi lì in via Medina, nell’angolo da cui guardare Castelnuovo, nel cuore della Città. Faceva freddo. Volle sedersi all’aperto.

C’era il sole e volle sedersi con il volto al sole Solare. Tra i suoi “concittadini”. I tanti passanti la salutavano e le rendevano omaggio con tatto e con cenni a distanza. Non volevano infastidire il suo pranzo. Per tutti lei aveva un gesto di saluto. Trovavo singolare questa popolarità così diffusa e manifestata e scambiata con tanta naturalezza. Come tra persone che si conoscessero da sempre. Come una di casa. Di famiglia. Come una lunga e collaudata consuetudine. Rendeva perfettamente quanto lei fosse di Napoli. Quanto così la sentissero i napoletani. Fu un bellissimo momento. Come se la “cerimonia istituzionale” ricevesse immediato riscontro nelle relazioni quotidiane. Così elegante e un po’ “scugnizza” nel suo personalissimo stile. Chissà che non si dovesse al fatto che il suo primo incontro con l’arte fosse stato con i burattini. Irriverenti, scanzonati, ridenti e piangenti ma mai conformisti. Ci ha lasciati a 93 anni una fanciulla napoletana.