Marco Travaglio ha concluso la festa del Fatto con l’ennesimo affondo contro il Riformista. Nulla di nuovo: l’ossessione è vecchia e la polemica non manca mai. Ma questa volta il bersaglio polemico sembra coincidere con una coincidenza ingombrante: i soldi pubblici arrivati proprio al Fatto, tramite la sua concessionaria pubblicitaria, dalla Regione Sardegna a guida M5S. Si parla di 68.235 euro stanziati dalla Regione per promuovere il progetto Einstein Telescope, la grande infrastruttura europea per lo studio delle onde gravitazionali che potrebbe sorgere a Lula, nel Nuorese. Rimane aperta una domanda: perché affidare senza gara la promozione a «Sport Network», concessionaria del Fatto Quotidiano?
La Festa del Fatto Quotidiano
La determina regionale spiegava che l’evento più adatto per lanciare la candidatura nel dibattito nazionale era proprio la festa del Fatto al Circo Massimo, definita «uno degli eventi di punta del panorama mediatico nazionale». Forse per l’opposizione. Così, con soldi pubblici, si è finanziata la presenza di uno stand della Regione e una sessione dedicata dentro la kermesse di Travaglio.
L’affidamento senza gara
La vicenda ha scatenato polemiche. Alessandro Sorgia, consigliere regionale d’opposizione, ha presentato un’interrogazione denunciando l’affidamento «senza gara, senza comparazione, a un soggetto editorialmente schierato». Il timore è che un progetto di respiro internazionale venga promosso con modalità ben lontane dalla statura scientifica che dovrebbe avere. Alle critiche si è aggiunto anche Francesco Mura, deputato di Fratelli d’Italia, parlando di un caso «grave e preoccupante». Secondo Mura il Movimento 5 Stelle userebbe le istituzioni come «strumenti al servizio della propria rete di potere mediatico», in un mix di clientelismo editoriale e risorse pubbliche piegate a interessi di parte. È qui che il nervo scoperto brucia. Travaglio può anche prendersela con noi del Riformista, ma resta il fatto: i soldi della Sardegna sono finiti a finanziare la sua festa romana. Una festa che si ammanta di spirito civico e giornalismo d’inchiesta, mentre dietro le quinte ballano soldi pubblici destinati senza gara e con scelte discutibili. D’altronde quel palco, quella festa, si sono rivelati più un boomerang per il campo largo che un assist per la coalizione.
I commenti
Elly Schlein ha avuto, sui denti, la riprova di come sia pericoloso nutrire la bestia nella speranza che quella, riconoscente, non ti azzanni alla prima occasione utile. Quando è salita in scena, al Circo Massimo, pensando di parlare a una platea amica, ha accennato appena all’aggressione della Russia all’Ucraina. Mal gliene incolse: salve di fischi, cori di protesta. Lei si ferma, capisce che il campo largo è un campo di mine disseminate un po’ ovunque. Deve intervenire il padrone di casa, Marco Travaglio, a placare gli animi. «Si invita nei confronti chi non la pensa come noi», si sforza di far capire. Ha scarso successo. Anni di populismo, di vulgata filorussa hanno eroso, goccia a goccia, in profondità la roccia. Altro che miniera sarda. Ha buon gioco la vicepresidente del Parlamento Europeo, Pina Picierno, ieri su La7, nel dire: «Siamo tutti d’accordo che l’Ucraina è stata invasa in modo criminale ma perché un partito o una coalizione di sinistra, di centrosinistra o progressista non sa riconoscere la resistenza? Se non sai riconoscere la resistenza di un popolo che resiste a un esercito oppressore di stampo imperialista come è quello di Putin non puoi dirti una coalizione di sinistra. Queste sono le cose fondamentali. Io non lo so Travaglio o Conte».
