Uno scrittore dissidente russo e un giornalista americano di origini egiziane che si confrontano su autocrazia e democrazia. Non c’è nulla di più aderente alla vocazione del Meeting per l’amicizia fra i popoli dell’incontro tenutosi ieri pomeriggio all’auditorium principale della fiera. Perché il Meeting è proprio questo, un luogo di incontro, un luogo di dialogo, un luogo di libertà.
Libertà tanto cara a Mikhail Shishkin, che ha raccontato quanto per lui la democrazia significhi combattere per essa e il suo raggiungimento. Shishkin è sicuro del fatto che il suo paese, la Russia, abbia scritto nel proprio destino l’approdo alla democrazia. Un processo che, per lo scrittore russo, sarà lungo, dato che si aspetta l’avvento di un nuovo zar che spodesterà un Putin sconfitto in Ucraina e che non avrà più la legittimità per guidare il suo popolo.
Shadi Hamid ha invece spiegato quanto dobbiamo essere grati di vivere nella democrazia, una forma di governo che, in questo periodo, si sta facendo più forte grazie alla sua resilienza intrinseca.
Libertà, dialogo, incontro, temi centrali in ogni edizione del Meeting di Rimini, temi che sono l’anima di queste belle, intense e calde giornate d’agosto. Uno spirito che si può riscontrare anche nelle mostre presenti in questa edizione.
Ma questa vocazione all’incontro la si può vedere anche nei gesti minimi e nel modo con cui le persone si trattano in questo luogo. Perché non capita ovunque che all’ora di pranzo qualunque persona sia pronta a lasciare un posto al proprio tavolo al “primo che passa”, a quello sconosciuto che con il vassoio in mano cerca dove consumare il suo pasto e trova sempre qualcuno pronto a cedergli una sedia.
Questo è ciò che si vive al Meeting e che non si può evitare di raccontare. Uno spirito che chi ha sulle spalle molte edizioni descrive così: “Il Meeting è quel luogo dove trova compimento la storia di ognuno, trova senso tutto quello che facciamo durante l’anno”.
Sottolinea invece un’universitaria che è qui a Rimini a fare la volontaria e passa le sue giornate a vendere i biglietti della lotteria: “Questo è proprio un luogo di incontro, anche nel momento più inaspettato trovi una persona che ti dice la parola giusta per ripartire…”.
Tra i padiglioni della fiera si possono anche incontrare o, meglio, conoscere figre come quella del dottor Takashi Nagai, medico radiologo giapponese su cui si è svolto un incontro nella mattinata di ieri. Nagai vive una vita intensa, partecipa a due guerre e si ammala di leucemia a causa delle radiografie fatte a migliaia di persone. E soprattutto si converte al cristianesimo grazie all’incontro con la moglie Midori, persona fondamentale nella sua vita e che muore quando la bomba atomica sganciata su Nagasaki polverizza la loro casa. Nell’ultima pagina della sua autobiografia scrive: “Ciò che doveva perire era perito. Ciò che doveva morire era morto… Quando mi resi conto che avevo lavorato tutta la vita per qualcosa che era diventato cenere rimasi sconvolto. Tutta la vita per la cenere! Non potevo sopportare una vita senza senso! Dovevo trovare ciò che non perisce. Dovevo aggrapparmi a ciò che non muore mai”.
E proprio aggrappandosi a “ciò che non muore mai”, immobilizzato dalla malattia in una piccola capanna di legno, Takashi Nagai diviene una personalità d’ispirazione e di riferimento per tutto il Giappone e fulcro della rinascita di Nagasaki.
Un dissidente russo, un giornalista americano, un medico giapponese, una volontaria di Bologna, un papà milanese, questa è la peculiare e bella umanità che si può incrociare al Meeting di Rimini, luogo di incontro, luogo di dialogo, luogo di libertà.
