Con l’indagine ancora in corso, parte dell’attenzione si è concentrata sull’alta quota di energie rinnovabili nella rete elettrica spagnola. L’obiettivo di Madrid è di raggiungere l’81% di energia rinnovabile entro il 2030 e il 100% entro il 2050. Ed il 16 aprile, la Spagna ha registrato per la prima volta un giorno intero alimentato interamente da fonti rinnovabili: eolico (46%), solare (27%), idroelettrico (23%) e termico solare e altre fonti rigorosamente rinnovabili per la quota restante.
Al momento del blackout del 28 aprile, il mix era composto per il 59% da solare, quasi 11% eolico, 10% nucleare e 12% da fonti termiche, per la maggior parte dal gas. Si sospetta che il primo evento si sia verificato in Extremadura, dove si trova la centrale nucleare più potente della Spagna, oltre a grandi impianti idroelettrici e numerosi parchi solari. Red Eléctrica ha ammesso che “è molto probabile che la generazione coinvolta nei primi eventi provenisse dal solare”. Ciò ha riacceso il dibattito sulla gestione di reti con alta penetrazione di fonti rinnovabili, variabili e discontinue per loro natura. Il partito di estrema destra VOX ha sfruttato l’occasione per ribadire la necessità di un mix energetico “bilanciato”. Tuttavia, molti esperti hanno smentito l’attribuzione automatica di ogni colpa all’energia solare.
La fragilità di una rete sotto stress
Al cuore del problema c’è la carenza di servizi ausiliari, in particolare la regolazione della frequenza e l’inerzia, storicamente garantite dai generatori sincroni presenti nelle centrali elettriche convenzionali — nucleari, termiche o idroelettriche. Questi impianti contribuiscono alla stabilità della rete grazie alle loro masse rotanti, che forniscono inerzia elettrica e aiutano a mantenere costanti frequenza e tensione in caso di improvvise variazioni o squilibri.Le installazioni solari ed eoliche, al contrario, si basano su inverter “grid-following” — dispositivi che si sincronizzano con la frequenza e la tensione già esistenti della rete, senza esserne fonte autonoma. Di conseguenza, questi impianti richiedono una rete già equilibrata per operare correttamente e non sono in grado di offrire supporto diretto alla stabilità del sistema in caso di disturbi.
Uno degli aspetti cruciali nella transizione dai sistemi elettrici basati su centrali termiche a carbone, gas o uranio è proprio la perdita di “inerzia”. In presenza di un guasto, l’inerzia consente di rallentare il tasso di variazione della frequenza, offrendo ai gestori di rete più tempo per intervenire. Ma l’energia solare, priva di generatori rotanti, non fornisce questo tipo di supporto. Tuttavia, questa lettura trascura elementi importanti: al momento del blackout, la rete spagnola era comunque supportata da fonti capaci di fornire inerzia, come il nucleare, l’idroelettrico e il solare termico. È quindi verosimile che le oscillazioni rilevate attraverso le misurazioni di frequenza avrebbero potuto essere attenuate da un livello più elevato di inerzia. Ma ciò non significa necessariamente che un’inerzia maggiore avrebbe evitato il blackout.
Una lezione per la transizione energetica
Spagna e Portogallo hanno beneficiato notevolmente della diffusione del solare e dell’eolico: riduzione delle emissioni, prezzi più bassi e maggiore indipendenza energetica. Tuttavia, la tecnologia attuale richiede una potenza sincrona di riserva per compensare l’intermittenza delle rinnovabili. Con l’inversione a U delle politiche energetiche americane decise da Trump quest’anno, sembra che il focus principale si sia spostato verso la sicurezza energetica. L’evento che ha recentemente riportato la penisola iberica al XIX secolo potrà forse portare al riequilibrio del trilemma, o lo sbilancerà ancora di più? Il blackout non giustifica un ritorno al passato, ma rappresenta un campanello d’allarme. La resilienza della rete deve crescere insieme alla transizione energetica.
