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Dazi Usa, guerra tra Ucraina e Russia e l’UE che verrà: cosa potrebbe accadere su economia e geopolitica

Giurista, saggista, editorialista
Dazi Usa, guerra tra Ucraina e Russia e l’UE che verrà: cosa potrebbe accadere su economia e geopolitica

L’operazione speciale mossa da Putin nei confronti dell’Ucraina è significativa del fatto che, in termini di posizionamento degli stati, è la Russia ad aver invaso. Non il contrario.
Posta questa premessa, c’è da domandarsi se, come dice Trump ultimamente, sia stato Zelensky (presidente attuale dell’Ucraina) a scatenare la guerra in atto tra i due Paesi: in primis in quanto comico, in secondo luogo in quanto dittatore.
Che Zelensky facesse il comico è risaputo; che, poi, sia diventato dittatore ed abbia scatenato la guerra con la Russia è difficile da somatizzare. Primo perché, semmai avesse contribuito a generare una tensione con la Russia, quest’ultima era tenuta a coinvolgere le Nazioni Unite secondo il diritto internazionale. Secondo perché, semmai avesse maldestramente non rispettato l’accordo di Minsk II, sarebbe bastato pretendere l’adempimento dell’accordo stesso; il ché denota assoluta debolezza diplomatica e politica della Russia e non dell’Ucraina la quale, in caso di violazione dell’accordo bilaterale, avrebbe dovuto altrettanto essere sanzionata diversamente. Terzo perché, se in Donbass morivano persone per effetto dei conflitti locali, l’operazione speciale avrebbe dovuto contribuire a riportare il sereno in quelle zone e non spostare le mire politiche e militaristiche su altri piani.
Ma l’Ucraina ha anche le sue colpe: aver scelto una politica poco equilibrata per districarsi nel tempo tra l’allontanamento dalla sfera di influenza russa e l’ingresso definitivo nel mondo europeo e occidentale. Questo modo di fare, tuttavia, fa parte della irragionevolezza delle folle come teorizzava Gustave Le Bon.
Dall’altra parte dell’oceano, in Usa, Trump (neo eletto presidente) ha deciso di introdurre “dazi per tutti”, riavvicinare Putin e delegittimare la resistenza ucraina.
Cose che, tradotte in linguaggio più trumpiano possibile, significano “muoia Sansone con tutti i filistei”.
A parte le battute (non molto lontane dalla realtà) c’è di fondo che le decisioni di Trump avranno e hanno già incidenze significative sul piano geopolitico ed economico. Primo perché condurranno i conservatori europei, guidati da Giorgia Meloni, in una matassa dalla parvenza irrisolvibile: rinnegare Zelensky, rivalutare Putin. Cosa che la Premier italiana ha, per ora, evitato chiarendo la posizione del Governo del nostro Paese alla Convention dei conservatori tenutasi negli Stati Uniti d’America (Cpac) qualche giorno fa. In questo contesto, poi, passare “dall’integrazione del processo europeo all’Europa sotto processo” scaricando a livello comunitario tutti i mali esistenziali del mondo contemporaneo. Si tratta di un falso storico: a) perché l’Unione europea ha consentito per tanti anni pace tra popoli europei (e l’Ucraina non lo è infatti) nonostante non abbia ancora una difesa comune; b) perché grazie all’Euro non sono falliti diversi stati europei post seconda guerra mondiale; c) perché possiamo comprare tanti beni prodotti nel mondo a maggior vantaggio in termini di potere d’acquisto così come viaggiare con più capacità economica di altri; d) perché è anche grazie all’Unione Europea che l’Ucraina ha resistito e la Russia (nella rievocazione sovietica) non ha riconquistato territori sino a Trieste.
Ci sarebbero tanti altri punti da elencare, ma basterebbe dire solo che in questa logica di cose chi ha perso la guerra in Ucraina è proprio la Russia.
Dire il contrario non sarebbe credibile perché qualcuno sostiene che la Russia si sarebbe comportata anche blandamente avendo migliaia di testate nucleari che l’Ucraina non ha: quelle testate non servono ad alcunché dal momento che ove usate comporterebbero lo scoppio della terza guerra mondiale e l’estinzione automatica della stessa Russia.
Allora, è vero che la Russia ha un Pil in crescita (al 3,2% per il Fondo Monetario internazionale nel 2024), ma pochi mesi fa proprio la banca centrale russa ha aumentato i tassi di due punti percentuali, portandoli al 21%, nel tentativo di arginare l’inflazione passata dal 7,4 nel 2023 al 9,5 nel 2024 (dati Borsa italiana). Una decisione presa dal governatore della Bank of Russia e resasi necessaria per fronteggiare l’ingente spesa pubblica legata alla guerra in Ucraina. Quindi trasformando l’economia interna di Mosca in una economia di guerra a cui si sommano gli stock di gas invenduti a diversi paesi europei durante questi anni (alcuni stati UE hanno preferito interrompere i rapporti di fornitura o ridurli come ad esempio l’Italia). Fatti che hanno spinto Putin a consolidare accordi con Pechino (export a 67% in più) pur di non svalutare il prezzo del gas a tal punto da doverlo vendere a paesi senza capacità economica (cosa che avrebbe fatto fallire il sistema finanziario russo).
Su questa prospettiva di cose si inserisce la nuova politica dazista di Trump che, in verità, mira a due obiettivi primari: – far pagare alla Cina stessa parte degli interessi di debito pubblico statunitense in mano a Pechino (una sorta di compensazione mascherata per la circolazione e lo smaltimento di beni importati dagli Usa e made in China); – disarticolare il mercato europeo (tra i primi al mondo per Pil) a tal punto da farne crollare il presupposto comunitario.
E su queste due scie economiche si inserisce la questione politica più importante: destrutturare l’importanza del blocco europeo nella logica mondiale portando il globo ad una tripartizione secca composta di Usa, Russia e Cina e dove i primi due, tornando a dialogare e fare affari tra loro, metterebbero in minoranza strategica e decisionale il terzo.
Ma questa strategia non terrebbe conto di almeno due variabili: la Cina detiene debito pubblico americano e buona parte di quello africano e così facendo la si proietterebbe automaticamente a rafforzarne l’influenza mondiale; l’Europa non potrebbe stare a guardare perché semplicemente non può.
Da questa storia, l’Unione Europea, seppure messa all’angolo, ne uscirà, per forza di cose, più forte perché se così non fosse c’è solo il ritorno agli anni pre-muro di Berlino: mezza Europa americana, mezza Europa sotto influenza russa. Ma nel frattempo la Cina ha già inondato di beni essenziali tutta Europa (beni che non producono sufficientemente la stessa Europa, gli Usa e neanche la Russia).
Questo quadro di cose potrebbe dare un colpo di reni al mondo conservatore europeo, guidato da Giorgia Meloni, prendendo le distanze da quello estemporaneo e, tendenzialmente, affaristico statunitense: i due mondi non sono uguali benché simili come ispirazione politica. Un esempio su tutti? Il saluto nazista di Bannon alla ultima convention internazionale dei conservatori in Usa ne sarebbe uno spartiacque: o sei conservatore democratico moderno o sei conservatore esaltato, estemporaneo e ammiccante alle dittature del passato.
Da questo momento storico si decidono, quindi, le sorti comunitarie: Europa delle nazioni o degli stati? Le due cose potrebbero vivere entrambe e insieme in una visione nuova. A questa visione può partecipare l’Italia con grande incidenza: magari favorendo l’ingresso dell’Ucraina in Unione europea prima che quest’ultima sia divisa, di fatto, in occidentale ed orientale (a seguito della eventuale messa in esecuzione del Piano Trump-Putin per la cessazione della guerra).
Quel che sta accadendo nel mondo conservatore americano, paradossalmente, può aiutare i conservatori europei a guardare ai liberali ed europeisti prendendo le distanze da conservatori estemporanei o solo di facciata.
Scegliere il contrario, d’altronde, significherebbe diventare succubi di altre logiche. Altroché sovranità. L’unica sovranità vera, nel mondo contemporaneo, è quella che ti garantisce il vicino di casa se a quest’ultimo si riconosce eguale dignità in una logica d’insieme.
La fine della guerra, quindi, non significa l’avvento della pace. Potrebbe portare ad un lungo periodo di atti di terrorismo ucraino nei confronti dei russi se fosse non digerito quanto vorrebbero fare Putin e Trump. Il ché sarebbe egualmente nefasto per la questione della soluzione russo-ucraina (se prima era un fatto localistico, poi diventerebbe amplificato).

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