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Giustizia riparatrice. Non è una chiacchiera

Giornalista e saggista
Roma 27–9-2021
Agustinianum
Assemblea generale 
Pontificia accademia per la vita

Servizio realizzato durante la pandemia Corona Virus – Covid 19 
Ph: Cristian Gennari/Siciliani
Roma 27–9-2021 Agustinianum Assemblea generale Pontificia accademia per la vita Servizio realizzato durante la pandemia Corona Virus – Covid 19 Ph: Cristian Gennari/Siciliani

La pena di morte? È sempre inutile. C’è da credere, se lo dice Dale Recinella, cappellano nel braccio della morte in Florida, laico, che una settimana fa ha ricevuto a Roma il premio “Custode della Vita”, indetto dalla Pontificia Accademia per la Vita. Venerdì 1 ottobre ha visitato il carcere di Paliano, struttura per i collaboratori di giustizia ed ha incontrato i detenuti ed ha visto le attività lavorative e artigianali che l’amministrazione è riuscita ad attuare.

Quale è il senso di questo riconoscimento?

«È un immenso onore. Non tanto per me, quanto per tutti gli uomini e le donne la cui vita è sospesa, mentre i politici cercano di ucciderli con la pena di morte. Questo evento rappresenta una importantissima dichiarazione, direttamente dal cuore della nostra Chiesa Cattolica, che la vita ha valore ed è permeata di dignità umana. Dimostra che l’uccisione compiuta per vendetta non risponde alla volontà di Dio. Le persone davvero credenti sono sconvolte quando scoprono che Dio non vuole il nostro sostegno a tutto ciò, e inorridiscono quando viene loro rivelata la verità sul funzionamento della nostra pena di morte».

Da avvocato di Wall Street, benessere economico e successo, ventidue anni fa, è diventato cappellano in carcere, nel braccio della morte in Florida. Come è accaduto?

«Lo sono diventato aiutando, come volontario a tempo pieno, il sacerdote che assisteva tutti i condannati a morte e i reclusi in isolamento a lungo termine della Florida. E stava svolgendo questa missione da solo da 17 anni. Fui la sua ombra per un anno intero, al termine del quale mi chiese se, d’accordo con mia moglie Susan, ero disposto a continuare il suo ministero e gestire tutto ciò che un laico può fare in modo corretto. Tutto questo accadde nel giugno 1999».

Cosa provano i detenuti nell’incontrarla?

«Nel 1998, quando andai per la prima volta nel braccio della morte della Florida, a visitare, passando di cella in cella, gli oltre 420 condannati, mi presentai a ciascuno. Uno di loro mi chiese: davvero eri un avvocato della finanza di Wall Street? Risposi che era vero. E raccontai un po’ della mia storia, descritta in dettaglio nel mio secondo libro (“Nel braccio della morte”, Edizioni San Paolo, 2012, ndr). Il detenuto riusciva a stento a trattenersi. Mi disse: se Gesù ha potuto salvare un avvocato della finanza di Wall Street gretto e avido di denaro come te, non avrà alcuna difficoltà a salvare me».

Perché negli Usa la pena di morte è così radicata?

«Negli Usa diamo per scontato che, poiché in effetti esiste una pena di morte nella Bibbia, allora la Bibbia sia favorevole alla nostra pena di morte. Nel mio primo libro (“The Biblical Truth About America’s Death Penalty”, 2004, ndr), dimostro che non si può utilizzare la Bibbia per sostenere la pena di morte degli Usa. Proprio non si può. Spesso dico: la pena di morte non lascia sopravvissuti. Forse oggi solo il condannato viene ucciso dalla pena di morte, ma tutti coloro che si trovano a contatto con essa ne vengono feriti e danneggiati. Ciò include i familiari del condannato, i familiari della vittima del crimine, le guardie e il personale che lavorano nel carcere. Recentemente la Carolina del Sud ha deciso di riattivare la pena di morte dopo dieci anni senza esecuzioni. Ron McAndrew, ex Direttore del carcere dove si svolgono le esecuzioni in Florida, ha chiesto ai politici di non farlo, pensando alle brave guardie e al personale che lavora nel carcere dove effettueranno le esecuzioni. Nell’articolo ha descritto in dettaglio i danni psicologici che le guardie e il personale subiranno, in particolare quelli dotati di forte rettitudine morale».

Quali alternative ci sono alla pena di morte?

«La mia proposta è di andare verso una giustizia riparatrice. È la risposta che la Chiesa ci chiede di dare, di cui hanno bisogno le vittime dei crimini, la comunità e il colpevole. Richiede uno sforzo e un impegno molto maggiori rispetto all’uccisione vendicativa. Ma Dio pensa che noi possiamo farcela, con il Suo aiuto. Altrimenti non ce lo chiederebbe. E ne sono ancora più convinto dopo aver visitato Paliano. Partecipo a molte conferenze sulla pena di morte e spesso mi viene rivolta una domanda: Se non li ammazziamo, cosa ne facciamo di questi? La risposta siete voi con Paliano. Rappresentate la possibilità di riscatto, il giusto percorso. Dopo avervi conosciuto, desidero che anche nel mio paese vengano realizzati luoghi come questi. I’ ll never forget you».