Le serie dove appaiono i lobbisti ci hanno portato a pensare che questo lavoro debba essere sempre esercitato giocando il ruolo della controparte. Il Congresso sta varando una legge e un lobbista, vestito di tutto punto, cerca disperatamente di avere un appuntamento con un politico per fare in modo che quella legge non passi, oppure che siano inseriti dei correttivi sostanziali. Altra scena: in una sala riunioni con vista su Capitol Hill, il suo cliente lo minaccia di togliergli il milionario budget e, cosa ancora più temibile, di fargli fare una figuraccia con i soci anziani dello studio. Situazione che avrà come conseguenza l’apocalittico ritorno del lobbista nella sua sfigatissima cittadina di origine, dove lo aspetta il negozio di ricambi auto del padre e il definitivo abbandono della, a conti fatti, deprimente, ma ambitissima vita nella capitale del potere mondiale.
Visto sotto questa luce, questo mestiere sembra una gara di resistenza in una giungla urbana. Non lo è. È invece un lavoro dove bisogna studiare e prepararsi per fare proposte sensate al legislatore.
In altre parole, il lobbista non è necessariamente una controparte del legislatore, ma il suo obiettivo è aiutarlo a scrivere una legge migliore, che prenda in considerazione il contesto nel quale si inserisce e l’impatto che può generare sull’economia e la società.
Ne abbiamo parlato con Thaima Samman del Cabinet Samman di Parigi per la nostra video rubrica Lobby Non Olet. “Avere una competenza legale è, a mio avviso, un elemento di grande rilievo perché permette a me e alla mia squadra non solo di promuovere gli interessi che rappresento, ma anche di capire il margine di manovra. Partecipare alle trattative mi consente di individuare la strada migliore per proseguire il miglior compromesso possibile, con una prospettiva più allargata rispetto ai dettagli in discussione in quel momento” ha spiegato Thaima Samman.
Quando nei corsi di management si dice win-win, si intende esattamente questo: vantaggioso per tutti. Non sempre il singolo risultato lo è. C’è sempre una categoria, un settore industriale o una singola azienda che “perde”. Ma, nel suo complesso, il sistema è vincente, perché il “perdente” avrà sempre la possibilità di far ascoltare la sua voce, in quanto il sistema democratico è strutturalmente aperto per accoglierla.
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