E me lo sono ritrovato in casa, prima tappa del tour abruzzese per la presentazione del suo ultimo libro “Il Mostro”, a spadroneggiare da solo in un palcoscenico vuoto e davanti una platea abbastanza affollata. È un istrione, domina la scena e quella ribalta sembrava riempirla, anche se c’era solo lui, aiutato da qualche immagine ad effetto proiettata su un grande schermo. L’eloquio è fluido, come sempre, con le parole ha la stessa padronanza che un top player ha con il pallone, virtuosismi e battute spiritose rallegrano il pubblico. Una citazione su Ovidio e una riflessione sul teatro “mi dicono sia uno dei più belli d’Abruzzo, ma io direi uno dei più belli d’Italia”, sono il tradizionale omaggio a Sulmona la città che lo ospita.
E poi giù nel tema, ma quale? Il libro o la politica? E già perché non s’è capito se il libro è stata la scusa per parlare di politica o la politica è stata la scusa per presentare il libro. Al centro c’è lui, il “Mostro” e il suo rapporto con gli altri. E proprio da questi parte, e non ne risparmia nessuno, con una carrellata sulle tantissime contraddizioni che la classe politica, quella che lo ha ferocemente combattuto, ha espresso nell’arco di pochi mesi. E così, dalla Meloni a Salvini e a Berlusconi, da Grillo a Conte e a Di Maio, con qualche comparsata di Calenda o Orlando, alcuni flash video hanno ricordato cosa pensavano, prima e dopo, leader ed esponenti delle maggiori forze politiche, dalla destra al PD passando per i grillini, sui principali temi degli ultimi mesi in una sequela di figuracce che hanno divertito non poco il pubblico in sala. La guerra e Putin su tutti, ma anche la rielezione di Mattarella. “Sul Presidente volevano l’impeachment”, ricorda Renzi “e poi tutti entusiasti sulla nostra proposta di rieleggerlo”.
Ma in questo saggio d’alta scuola del dileggio, condito da una serie di gustose battute a effetto, non poteva mancare l’altra categoria di avversari. E d’un tratto scendono in campo Creazzo, Nastasi e Turco, i magistrati che l’hanno inquisito coinvolgendo anche i suoi affetti, raccontati con le loro debolezze, i loro vizi, le loro contraddizioni e qualche abuso dei loro poteri. “Quando fondammo Italia Viva eravamo al 7% e si diceva che avremmo raggiunto il 10. All’improvviso è partita l’inchiesta Open e siamo piombati al 2”, recita con aria severa il Matteo gigliato. Il perché è racchiuso in quella opera di demolizione della sua immagine perpetrata, e perpetuata nel tempo, dai magistrati.
“Se sei il mostro, ti tirano le pietre”, avrebbe cantato Antoine.
Renzi rivendica i contenuti della sua riforma costituzionale che avrebbe cambiato il paese e che il referendum ha riposto nel cassetto, ma anche di aver fermato Salvini, che dal Papeete chiedeva in mutande pieni poteri, e il merito di aver spodestato Conte, e le veline di Rocco Casalino, e favorito l’ascesa di Draghi che, assieme a quel “siamo gli unici a fare politica e non a raccontare quel che alla gente piace” sono i motivi che hanno scatenato la guerra di fango contro di lui. E poi giù con l’elenco delle cose che con Italia Viva, vorrebbe fare. Cita i termovalorizzatori, il nucleare, le automotive e la propulsione elettrica, la scuola, il sociale, la sanità, il lavoro, le opportunità che il paese si deve dare e che non deve buttare a mare come le Olimpiadi rifiutate dalla Raggi, che ha sostituito il simbolo capitolino della lupa con quello del cinghiale. E poi la cultura, le radici della nostra storia e delle nostre tradizioni, fieri della bellezza dell’Italia.
“Saremo il partito del sociale, della cultura, della innovazione tecnologica”, cita a conclusione di un elenco che sembra un indice senza libro. Tante belle cose da fare, ma senza sapere come. Non una parola sulle alleanze, non un cenno su quale posizione assumerà Italia Viva alle prossime elezioni, non un riferimento a quale progetto politico di governo guarda assieme al suo partito.
“Se con il 2% abbiamo rivoltato il paese cambiando due governi, figuriamoci cosa saremo capaci di fare con il 5 che prenderemo alle prossime elezioni”, conclude Renzi, come se fosse convinto che da solo, e con quel 5%, potrà arrivare a Palazzo Chigi.
Troppo intelligente per pensarlo, molto abile nel farlo credere.
La sua campagna elettorale è partita e fa niente se arriveranno altre pietre, ha la corazza dura perché tanto “…qualunque cosa fai, dovunque te ne vai, sempre pietre in faccia prenderai. Al mondo non c’è mai qualcosa che gli va e pietre prenderai senza pietà!” come cantava il bardo nato in Madagascar ma di origini italiane che nel 1966 allietò la musica italiana.
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