“Se devo fare un provvedimento sui sordomuti (mi è capitato realmente) devo ascoltare le categorie dei sordomuti, poi devo ascoltare quelli che fanno trasmissione sui sordomuti, poi devo ascoltare quelli che producono apparecchiature per i sordomuti, poi devo ascoltare quelli che studiano il linguaggio dei segni, in maniera da avere un quadro completo e capire qual è la decisione più giusta e più opportuna”. È il punto di vista di Alfonso Celotto, Professore di Diritto costituzionale all’Università degli Studi Roma 3. Per Telos A&S lo abbiamo intervistato per la video-rubrica Lobby Non Olet.
È interessante la definizione dell’attività di lobbying come pratica dell’ascolto. Un approccio che racconta la lobby dal punto di osservazione di chi, dalla parte delle istituzioni, riceve i rappresentanti degli interessi. Siamo abituati a pensare che i decisori pubblici siano passivi, che vengano contattati dai lobbisti che desiderano portare un’istanza alla loro attenzione. Alfonso Celotto mette invece a fuoco un punto di vista opposto. Non è solo il lobbista che cerca l’istituzione, ma è l’istituzione che cerca il lobbista.
È vero che spesso i rappresentanti degli interessi non si avvalgono di consulenti esterni, di studi professionali che svolgono attività di lobby per diversi clienti. Ma ogni organizzazione si impegna in un lavoro finalizzato a presentare i propri interessi alle istituzioni, per fare in modo che siano realizzate norme migliori o che siano corrette le norme esistenti. Insomma, la lobby arricchisce la decisione politica. La rende più completa. Ecco perché è un lavoro fatto di dati, ricerche, numeri, studi.
È corruzione, intrallazzo? C’è chi propone favori in cambio di una legge che li favorisca? È un fenomeno che immagino esista. Ma Alfonso Celotto ricorda l’antidoto di Emma Bonino: «Bisogna ricevere tutti. Se avete dei dubbi non riceveteli da soli, riceveteli in compagnia».
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