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Libro Gauche Caviar di Bobo Craxi, Elzeviro del Gattopardo

Antorpologo
BOBO CRAXI, FIGLIO DI BETTINO CRAXI
BOBO CRAXI, FIGLIO DI BETTINO CRAXI

In stile fanè, vintage un po’ sciupato, rievochiamo la striscia di Terza Pagina che lo storico Paolo Mieli abolì dal Corsera. Iersera, seduti in strada, come accattoni, davanti all’Hotel Raphael dietro Piazza Navona, laddove i radicalsciocchi fasciocomunisti tirarono a Craxi le storiche monetine, i timidi d’antan Bobo Craxi e Paolo Mieli, hanno presentato il libro Gauche Caviar, ironizzando sulle primedonne della politica italiana da operetta, che strascicano i piedi riottose sul viale del tramonto, mentre in realtà sono vezzose maniere di godersi la vita da sconfitte.

A celebrare “il piacere della sconfitta”, come ha detto il sottile Mieli, era presente il vivace stringitore di mani, l’on. Paolo Cirino Pomicino, il mitico vero animatore de il Divo, capolavoro di Sorrentino: film epico che celebra la strategica napoletanità, che da sempre domina il sottobosco e gli angiporti dell’italica politica in cerca d’autore, più Magna che Grecia. In fondo il vero esempio di goditore della sconfitta millenaria era lui, il guizzante festaiolo ‘Cirino girino’, il greco napoletano indomito, mai lamentoso, pur nella triste occorrenza della dipartita di un altro indomito meridionale, l’On. Ciriaco De Mita; il quale ci ha lasciato però in eredità un altro avellinese, Di Maio, come illustre Ministro degli Esteri, calcolato proponitore di pace in Ucraina, incompreso da tutti i litiganti come voleva essere.

Certi politici italiani hanno l’arte antica dei posteggiatori, che è quella di essere presenti con una strimpellata nostalgica, che non impegna nessuno, se non una modesta mancia. E se non è gradita, raccoglie comprensione, dopo un dovuto modesto inchino del cantastorie. Antica arte al margine dei suk mediterranei, sotto l’ombrellone della Nato, a cercare di capire Israele e Ucraina, tra una cena al Circolo del Golf ed una bruschettata a Centocelle pagata dal reddito di cittadinanza. Piccolo-grande amore di Bel Paese, come cantava Baglioni al mercatino di Porta Portese, dove si parla per parlare; e non è cosa da poco se greco e british romanzo sono candidati in pole position come idioma globale.

Insomma, lo stagionato druido cattolico irlandese dà il “la”, e il resto del mondo segue; ma nell’Italia, che Mark Twain e il Principe Totò definivano “Miseria e nobiltà”: il resto è ‘mancia’.

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