Credo proprio che Andrea Ruggeri continuerà ad avere ancora per molto quel senso di nausea che ha raccontato questa mattina nel suo editoriale. Anzi, a malincuore penso pure che l’invito, rivolto ai politici che affollano i talk televisivi, di non commentare banalmente solo l’esistente cadrà nel vuoto. Purtroppo per lui, per noi e per i telespettatori.

“Cominciate – scrive il direttore responsabile de’ Il Riformista – a fare qualcosa per soppiantarlo”, perché in questo sforzo e in questa mutazione dalla semplice descrizione alla capacità di avere e trasmettere una visione, c’è la differenza “tra essere leader e follower: fare l’andatura o seguirla”. Ecco, in quest’ultimo passaggio c’è la ragione del mio fondato pessimismo rispetto al possibilismo implicito di Ruggeri.

Per “fare l’andatura” ci vuole costanza, richiede preparazione e studio, tanto studio e tanto tempo. Una leadership matura è la conseguenza pratica di applicazione e di formazione, non si può improvvisare, se non per brevi ed eccezionali periodi. È fatta da una dose di carisma personale, condizione necessaria ma non più sufficiente in tempi di personalizzazione estrema della politica, e dalla necessità di essere quotidianamente zappata, arata e seminata.

Essere un leader credibile e non una delle tante repliche standardizzate, significa innanzitutto faticare e sudare, cioè voler conoscere e comprendere la complessità della società post-moderna, liquida, dell’incertezza. Solo così, infatti, è possibile immaginare e proporre soluzioni ai problemi che tengono prigioniero il dibattito pubblico sulla sola attualità da hype.

Ma, attenzione si badi bene, la scarsità di leadership non è solo una questione di (poca) volontà e di (poco) tempo o, al contrario, di (una dilagante) pigrizia e, in parte, non è neanche colpa della marginalità dei partiti politici, che fino a quando erano tali si preoccupavano di allevare il merito delle proprie classi dirigenti.

Il dominio della comunicazione – per riprendere ancora una volta il ragionamento di Andrea Ruggeri – si è sfortunatamente accompagnato in questi ultimi anni all’illusione, diventata realtà, che ciascun follower può diventare senza colpo ferire un leader. Dalla sera alla mattina e senza particolari meriti. Una illusione che si è materializzata nel dogma pentastellato dell’uno vale uno. Ci siamo convinti che la leadership sia scalabile senza sacrifici, non serve più tanto lavoro, e su questa falsa convinzione la politica si è spiaggiata.

Allora, se non serve più prepararsi e studiare per amministrare bene il proprio comune, la propria regione o, addirittura, a guidare l’Italia, perché mai i politici che saltellano da un’ospitata all’altra devono spendere tempo ed energie per comprendere. Del resto, non dimentichiamoci che durante il Covid ai virologi star veniva chiesto in Tv di esprimersi su tutto e il contrario di tutto.

La comunicazione, con il suo portato principale della disintermediazione acuitasi a causa dell’arroganza e la pervasività delle piattaforme, ci ha illuso che “seguire l’andatura” è diventata la scorciatoia, la furbizia, per conquistare leadership politica.

Domenico Giordano

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