Caso Leonardo, sugli operai piovono cassa integrazione e calcinacci: “Situazione inaccettabile”

«Gli operai dello stabilimento della Leonardo di Pomigliano D’Arco lavorano con il pericolo che da un momento all’altro i calcinacci possano cadergli sulla testa. L’azienda di tutta risposta ha messo solo una rete di protezione, ma ovviamente non è abbastanza. Inaccettabile per chi produce alta tecnologia». Durissima l’accusa del segretario generale della Uilm Crescenzo Auriemma nei confronti dell’azienda campana, leader nel settore dell’aerospazio. È anche per questa condizione di pericolo che i lavoratori della Leonardo non accettano la decisione dell’azienda che ha disposto per più di 3.000 operai la cassa integrazione.

La vicenda, salita alle cronache negli ultimi giorni, in realtà nasce già anni fa. «È dal 2015 che stiamo chiedendo all’azienda degli interventi strutturali – spiega Auriemma – bisogna ammodernare sia gli stabilimenti che l’offerta dei prodotti. C’è bisogno di innovazione, ma non ci hanno mai ascoltato». La cassa integrazione, per quanto preoccupante sia il provvedimento, passa quasi in secondo piano se si pensa alla sicurezza dei lavoratori e se si dà uno sguardo ai numeri: in Campania, dall’inizio dell’anno, sono state 91 le vittime sul lavoro secondo i dati forniti dall’Inail. In tutta Italia invece i decessi sono stati 772 nel 2021, più di tre persone al giorno che vanno a lavorare e muoiono. Forse dopo la denuncia del sindacato qualcosa si muoverà, intanto preoccupano le sorti degli operai che dal 3 gennaio resteranno a casa. Sono 1.174 quelli di Pomigliano D’Arco raggiunti dal provvedimento, ai quali si aggiungono i 430 dello stabilimento di Nola. È un volo turbolento quello della Leonardo. Cassa integrazione, ridimensionamento, scioperi, tavoli al Mise. Si teme di assistere a un film già visto.

Per ora la situazione è ancora lontana dalle vicende della vertenza Whirlpool, ma se davvero il percorso della Leonardo dovesse coincidere con quello della multinazionale americana di via Argine, altro che atterraggio di emergenza ci sarebbe uno schianto al suolo. Per la prima volta nella storia della fabbrica gli operai hanno manifestato a Roma per chiedere chiarezza e soluzioni all’azienda ma anche al Governo. «Negli ultimi incontri è emersa anche la volontà della Leonardo di vendere alcuni compartimenti a società straniere – spiega Auriemma – Abbiamo chiesto che a fronte della loro decisione di mettere parte dei lavoratori in cassa integrazione, loro mettano a punto un piano industriale di ripresa anche in virtù del Pnrr e che investano su un nuovo modello: Pomigliano per esempio produce lo stesso da quarant’anni. Non siamo disposti a trattare sulla cassa integrazione – conclude – non ha senso questo provvedimento se non pensiamo a un piano industriale serio».

Una proposta di soluzione arriva dal presidente del Distretto Aerospaziale della Campania Luigi Carrino: «La questione della cassa integrazione è per me un elemento di grande preoccupazione, soprattutto per le piccole e medie imprese dell’aerospazio – spiega il presidente del Dac – Leonardo ha possibilità di riqualificare gli impianti. Sono sicuro che poi assorbirà la cassa integrazione e chiamerà a lavoro le competenze. Auspico -conclude – politiche industriali a sostegno del settore, investimenti sulle risorse umane e sulla riorganizzazione degli impianti delle piccole e medie imprese. Serve uno sforzo per sostenere un settore che in Campania produce innovazione e occupazione». Sulla vicenda è intervenuto anche il Pd con un’interrogazione rivolta ai ministri Giorgetti e Franco nella quale chiedono «quali urgenti iniziative intendano adottare, con il pieno coinvolgimento delle organizzazioni sindacali e degli enti territoriali interessati, per definire una specifica strategia industriale, indispensabile a garantire un rilancio delle produzioni e ad assicurare solide prospettive economiche ed occupazionali per i siti del Gruppo Leonardo e per la tenuta complessiva dell’azienda».