Se non è una strage, poco ci manca. Luigi Manfuso, l’operaio ritrovato ieri senza vita nella stazione Tribunale della metropolitana di Napoli, è la 43esima persona deceduta sul posto di lavoro dall’inizio del 2021 a oggi in Campania. Proprio così: da gennaio ad agosto, le morti bianche nella nostra regione si sono susseguite al ritmo di quasi sei al mese. Numeri che dovrebbero smuovere coscienze, mobilitare opinione pubblica e istituzioni, suggerire strategie per arginare un fenomeno ormai dilagante. Invece niente: «Per qualcuno non solo le morti bianche, ma anche gli incidenti sul lavoro e le malattie professionali sono semplicemente inevitabili – sottolinea Michele Gravano, ex segretario regionale della Cgil e oggi coordinatore campano di Articolo Uno – E, davanti a certe tragedie, troppi tendono solo a placare il clamore sociale anziché agire sulle cause del problema».

Ma andiamo con ordine. Ieri Luigi Manfuso, 59enne originario di Gragnano, è morto mentre lavorava nel cantiere della stazione Tribunale sulla linea 1 della metropolitana di Napoli, lungo la tratta Centro direzionale-Capodichino. A dare l’allarme sono stati i colleghi che hanno ritrovato il suo corpo senza vita in un’intercapedine adibita al trasporto di materiale edile. Inutile la corsa in ospedale dove i medici non hanno potuto far altro che constatare il decesso. La causa sarebbe una caduta accidentale, ma a chiarirlo saranno l’autopsia e le indagini già avviate dalla polizia. Nel frattempo, l’episodio riaccende i riflettori sull’escalation di morti bianche in Campania, dove la cultura della prevenzione e della sicurezza sul luogo di lavoro sembra definitivamente accantonata.

Basta analizzare i dati raccolti dalla sezione campana della Federazione italiana dei lavoratori del legno e affini (Fillea) della Cgil. Dal primo gennaio al 31 agosto, i morti sul lavoro sono stati 43 con Napoli che svetta nella classifica delle province con più vittime: 14 nel capoluogo campano, undici a Caserta, dieci a Salerno, sette ad Avellino e una a Benevento. Per quanto riguarda le fasce d’età, 23 lavoratori deceduti (cioè poco più della metà del totale) avevano tra i 50 e i 70 anni. Non mancano, tuttavia, vittime più giovani: sono sei gli under 40. «Certe statistiche dimostrano il pressoché totale disinteresse da parte delle istituzioni – aggiunge Gravano – Qualcuno ha notizie di iniziative della Regione o di altri enti sul fronte della prevenzione delle morti bianche? Eppure Palazzo Santa Lucia, per esempio, ha competenza sulle Asl che svolgono un ruolo importante in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro».

L’allarme riguarda soprattutto l’edilizia e l’agricoltura che, con 14 morti a testa, restano appaiate in cima alla classifica dei comparti con più vittime. Ma anche la condizione dei trasporti è poco rassicurante, se si pensa che gli impiegati nel settore morti tra gennaio e agosto sono cinque. «In Campania, a fronte di imprese che investono notevolmente sulla sicurezza dei posti di lavoro, ci sono troppe aziende alle quali questo tema non interessa affatto – prosegue Gravano – Perciò è indispensabile che la regìa dell’attività di prevenzione sia affidata al pubblico e che questo la gestisca con l’attenzione necessaria». Più concretamente, la proposta delle sigle sindacali è quella di una “patente a punti” per misurare il rispetto delle norme di sicurezza sui luoghi di lavoro: un modo per premiare quelle più sensibili al tema, magari consentendo loro di partecipare a bandi e gare preclusi, invece, a quelle più “distratte”.

«Quella della patente a punti può essere la strada giusta perché capace di premiare le imprese virtuose e di colpire quelle meno virtuose – conclude Gravano – Utile è anche l’incremento del numero di ispettori del lavoro sostenuto dai ministri Orlando e Speranza. Determinante, però, è riaffermare la cultura della sicurezza e della prevenzione in tutti i territori. E, in questa prospettiva, non si può prescindere dall’istituzione di un tavolo che coinvolga la Regione, le Prefetture e le forze dell’ordine. Altrimenti la vergogna delle morti bianche in Campania non sarà cancellata».

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.