Caso Saman Abbas, mandato d’indagine europeo per altre due parenti: avrebbero fatto pressioni sul fratello

Ennesimo punto di svolta nelle indagini sul caso di Saman Abbas, la 18enne di origine pachistana scomparsa ormai da 52 giorni da Novellara, nella Bassa Reggiana, presumibilmente uccisa per aver rifiutato un matrimonio combinato in patria dai propri genitori.

Un mandato d’indagine europeo è stato spiccato nei confronti di due donne, residenti all’estero: si tratterebbe di due zie della ragazza che, secondo la Procura, avrebbero fatto pressioni sul fratello 16enne di Saman, principale ‘strumento’ dell’accusa nei confronti dei cinque indagati, intimandogli di tacere sull’accaduto.

A riportare la notizia è l’edizione odierna de Il Resto del Carlino. Attualmente gli indagati per la scomparsa/omicidio di Saman sono cinque: i genitori della 18enne, la madre Nazia Shaheen e il padre Shabbar, scappati in Pakistan; lo zio Danish Hasnain, considerato l’autore materiale dell’omicidio, i cugini Nomanhulaq Nomanhulaq, ancora in fuga, e Ikram Ijaz, 28enne arrestato il 28 maggio scorso a Nimes (Francia) e attualmente recluso nel carcere di Reggio Emilia.

Una delle due indagate, poche ore dopo la scomparsa di Saman, avrebbe inviato un messaggio audio da un’utenza inglese sul telefonino del minorenne, esortandolo a non raccontare nulla, se non che la madre stava male e che il padre l’avrebbe portata in Pakistan. L’altra zia, in Francia, avrebbe fatto lo stesso spiegando al 16enne come comportarsi.

In effetti il rischio che il 16enne sia ‘guidato’ dall’esterno nel tentativo di proteggere i genitori è una ipotesi che non è sfuggita agli inquirenti durante l’incidente probatorio che si è tenuto venerdì: nel racconto fatto dal fratello di Saman davanti al gip il ragazzo è sembrato “difendere” i genitori, indagati per omicidio aggravato e occultamento di cadavere, scaricando le responsabilità sullo zio Danish.