Chi è Sarah Hijazi, l’attivista Lgbt egiziana morta suicida

“Ho provato a sopravvivere e ho fallito, perdonatemi. L’esperienza è stata dura e sono troppo debole per resistere, perdonatemi”. Con queste parole la giovane attivista egiziana Lgbt Sarah Hijazi ha dato l’ultimo saluto prima di togliersi la vita. A testimoniare la morte della ragazza con una foto del biglietto è stato il suo avvocato, che ha confermato il suo suicidio sui social.

LA STORIA – Sarah Hijazi, 30 anni, è stata arrestata nell’ottobre del 2017 durante un concerto dei Machrou Laila al Cairo per aver sventolato una bandiera arcobaleno con l’accusa di voler “diffondere l’omosessualità” in Egitto. L’immagine finisce sui media nazionali e in breve tempo i leader religiosi chiedono punizioni severe per lei e il suo amico, Ahmed Alaa anche lui colpevole di istigare all’omosessualità sventolando la bandiera colorata. Sarah fu identificata come persona Trans e messa in carcere maschile. Stuprata e torturata, dopo varie pressioni internazionali è stata rilasciata un anno fa e da allora viveva in esilio in Canada. Lì ha continuato a lottare per liberare altri attivisti Lgbt in Egitto ma l’esperienza subita l’aveva segnata profondamente a tal punto da spingerla ad un gesto estremo, come quello di togliersi la vita.

La notizia ha fatto subito il giro del web, soprattutto per le vicende che hanno visto l’Italia coinvolta in prima persona con la storia di Giulio Regeni e Patrick George Zacki. Infatti con un tweet l’account ufficiale di sostegno alla campagna per la richiesta di verità e giustizia per Giulio Regeni si è unito ai migliaia di messaggi che hanno voluto ricordare l’attivista.