“Sto bene (per quanto si possa stare bene in prigione). Vorrei che tutto questo finisse e vorrei tornare ai miei studi. Fino ad allora, voglio riavere i miei libri e la libertà di usare il bagno”. Sono le parole di Patrick George Zaky, lo studente egiziano iscritto all’Università di Bologna e arrestato al Cairo un mese fa, riportate sulla pagina Facebook ‘Patrick libero’. “Dopo che la Procura ha approvato la richiesta di una visita eccezionale, sabato 29 febbraio, ieri, domenica 1 marzo 2020, la famiglia di Patrick George ha potuto visitarlo presso la sua struttura di detenzione nella prigione pubblica di Mansura – hanno aggiunto gli attivisti che gestiscono la pagina – I suoi genitori hanno detto che sembrava che Patrick stesse bene, ma era preoccupato per il prolungamento della sua detenzione e ha espresso il desiderio di un rapido rilascio per poter riprendere gli studi, che sono iniziati già da due settimane”, spiegano.

“Patrick ha detto che non è riuscito a recuperare il materiale che sta perdendo, dato che la prigione pubblica di Mansura gli ha impedito di tenere i libri che aveva prima di essere trasferito dalla stazione di polizia di Talkha – si legge ancora sulla pagina facebook – Inoltre, l’attuale prigione gli permette di usare il bagno solo una volta al giorno! Reiteriamo le nostre principali richieste: l’immediato rilascio di Patrick e la caduta di tutte le accuse contro di lui, in modo che possa tornare all’Università di Bologna per portare a termine il suo Master”. E fino al rilascio di Patrick, la campagna chiede che la prigione pubblica di Mansura rispetti il regolamento carcerario, permettendo a Patrick di leggere e studiare e concedendogli tutte le ore di attività fisica consentite da tale regolamento (un’ora al mattino e una alla sera).

IL CASO – Patrick George Zaki, sarebbe stato “picchiato, sottoposto a elettroshock, minacciato e interrogato su diverse questioni legate al suo lavoro e al suo attivismo”. A riferirlo sono stati i legali che lo hanno incontrato alla Eipr, Egyptian Initiative for Personal Rights, associazione cui Patrick fa capo spiegando che le violenze sarebbero avvenute nelle 24 ore dopo l’arresto. Lo studente 27enne stava svolgendo un master in Studi di genere dell’Università di Bologna, è stato arrestato dalle autorità egiziane appena rientrato in Egitto. Zaky non è uno studente italiano ma la sua storia ricorda molto quella di Giulio Regeni, che il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha da subito detto di voler monitorare con attenzione. L’Italia ha chiesto l’inserimento del caso all’interno del meccanismo di ‘monitoraggio processuale’ coordinato dalla delegazione Ue in loco che consente ai funzionari delle ambasciate Ue di monitorare l’evoluzione del processo e presenziare alle udienze. Roma continuerà a seguire il caso sia tramite il coordinamento con i partner che attraverso altri canali rilevanti.

La Procura di Mansoura sud, nel delta del Nilo, ha ordinato 15 giorni di custodia cautelare per l’attivista. Su Zaki pendeva un mandato di cattura nel 2019, del quale non era a conoscenza. Il 27enne aveva lasciato il suo Paese ad agosto 2019 per iniziare i suoi studi e questo è il suo primo rientro in Egitto da allora”. Ma è stata respinta dal tribunale della procura di Mansura, in Egitto, la richiesta di scarcerazione presentata in Appello dagli avvocati difensori di Patrick George Zaky. Il giovane egiziano è accusato di diversi reati, tra i quali diffusione di notizie false, incitamento alla protesta e turbamento della stabilita’ delle istituzioni. Per questo era stata posto in custodia cautelare per 15 giorni, un provvedimento che “può durare fino a due anni, rinnovata ogni 15 giorni, e talvolta tale detenzione può protrarsi per più di due anni”, aveva spiegato Wael Ghaly, uno dei legali che lo difendono.

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