La necessità del raddoppio
Chiuso il traforo del Monte Bianco: le ricadute negative su commercio e turismo
Lunedì 16 ottobre è stato chiuso il traforo del Monte Bianco per incominciare i lavori di ripristino della volta dell’unica canna, lavori che dureranno 9 settimane in quest’autunno ma proseguiranno per quattro mesi all’anno per i prossimi 18 anni.
Il traforo, aperto nel 1965, evidentemente ha bisogno di una radicale ristrutturazione e non è detto che, in corso d’opera, emerga la necessità di più ampi interventi. Questa chiusura porterà importanti e negative ricadute su tutto il Nord-Ovest, dal sovraccarico del traforo del Frejus e della tangenziale di Torino al trasporto collegato al porto di Genova, per tutto il sistema produttivo nordoccidentale ed anche per il sistema logistico nazionale.
Ci sarà un danno rilevante anche per la Valle d’Aosta, per le ricadute su commercio e turismo, sia per l’isolamento sociale aggravato dalla chiusura per tre anni della ferrovia Aosta – Ivrea, legata alla sua elettrificazione con i fondi del PNRR. Questa chiusura rende evidente quanto sia necessario il raddoppio del traforo che, grazie alle nuove tecnologie, potrebbe essere realizzato in pochi anni, garantendo sicurezza e fluidità. L’idea del raddoppio è nata molti anni fa, considerato il grande successo del traforo che ha visto un incremento enorme del commercio tra l’Italia e il nord Europa. I primi a parlarne furono i francesi nel 1990, con ben tre progetti alternativi, per evitare l’inquinamento nella vallata di accesso francese. C’erano infatti preoccupazioni ambientali evidenziate con fermezza dai sindaci francesi e riprese dall’ambientalismo valdostano, tanto che l’allora presidente della regione si oppose al raddoppio in una lettera al presidente Cossiga, proponendo piuttosto un traforo ferroviario tra Aosta e Martigny in Svizzera.
Il dibattito riprese nel 1999, dopo la tragedia dei 39 morti per l’incendio di un Tir nella galleria, con conseguente chiusura dl traforo durata tre anni che ha comportato gravi danni all’economia locale e disagi a livello nazionale ed internazionale. Malgrado la propensione favorevole del governo francese e dei rappresentanti del Canton di Ginevra, azionista del traforo, di nuovo il presidente allora in carica della regione valdostana si oppose, così come il suo successore. Ci fu un’apertura nel 2015 da parte dell’allora presidente Augusto Rollandin per una seconda canna di sicurezza (come è in fase di completamento al Frejus) ma la maggioranza regionalista del consiglio regionale rigettò l’idea. Rollandin ci riprovò nel 2019, con un dialogo con il governo italiano, che però non ebbe seguito.
Oggi è evidente la necessità e l’urgenza del raddoppio del traforo del Monte Bianco, che renderebbe più sicuri e fluidi i collegamenti transnazionali, stimolando la crescita economica e riducendo l’impatto ambientale che i tragitti ben più lunghi delle merci portano. E’ un tema di importanza nazionale che non può rimanere condizionato da élite locali con tendenze isolazioniste e che potrebbe essere l’argomento di un incontro italo-francese alla luce del Trattato del Quirinale del 2021.
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